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Il canto (purtroppo) interrotto di Ramayana

Sguardazzo/recensione di "Ramayana"

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Cosa: Ramayana
Chi: Roberto Rustioni, Petra Valentini, Loris Fabiani, Silvia D’Amico, Gabriele Portoghese, Jacopo Crovella, Emanuela Caruso, Antonio Gargiulo
Dove: Lucca, Real Collegio
Quando: 11/06/2015
Per quanto: 80 minuti

Fin troppo pulito e lineare lo spettacolo messo in scena da Fattore K / Associazione Olinda Armunia, che porta l’Induismo al festival dei Teatri del Sacro, in cui la maggior parte degli spettacoli fa riferimento alla tradizione spirituale cristiana. Ramayana, parte prima, infatti, si propone di raccontare uno dei maggiori poemi epici dell’India, il Ramayana appunto, scritto tra il II e il I secolo a.C.. Peccato, però, che l’allestimento si sia limitato al semplice racconto delle vicende di Rama, incarnazione del dio Visnu.

Le premesse c’erano tutte: il canto composto dalle sette voci degli interpreti avvicina l’uomo alla sfera del divino, alla quale non si può accedere mediante il solo uso della parola. Qualcosa a questo punto, però, va storto: il canto e la preghiera che curano gli affanni vengono interrotti per lasciar campo alla parola e alla narrazione degli episodi che procedono didascaliche per circa un’ora e venti. Il racconto schiaccia così l’azione teatrale che solo a tratti emerge tra le battute. Anche la recitazione, talvolta, lascia perplessi: un vecchio re, che tremando dichiara di avere più di sessantamila anni con voce incerta, un momento dopo arringa la folla con la forza di un giovane e, esaltato, annuncia l’arrivo del proprio successore.

Il canto iniziale rimane come elemento adibito alla scansione dei tempi del lavoro, segnandone la conclusione che arriva tardi, dopo un crescendo finale di inseguimenti e scontri che vedono gli attori correre su e giù per il palco.
L’allestimento è molto spoglio: restano solo nomi indiani e costumi orientaleggianti a ricordare l’orizzonte di provenienza, quando sarebbe stato importante puntare sulla caratterizzazione attraverso altri elementi che  sporadicamente compaiono nello spettacolo. Canto e azioni coreutiche rimangono in secondo piano rispetto alla parola, che invece domina per tutta la durata della messa in scena. Si ha dunque la sensazione di essere davanti a un’intenzione abbozzata, dove lo studio dei movimenti non è costante e, talvolta, appare anche lasciato all’immediatezza del momento, soprattutto nelle ripetute corse che vedono coinvolti gli attori.

Forse penalizzato dalla collocazione nel programma del Festival (ultimo spettacolo della quarta giornata) e dalla durata, questo Ramayana non riesce purtroppo a convincere.

Elena Corotti

VERDETTAZZO

Perché: No
Se fosse... sarebbe...

Locandina dello spettacolo



Titolo: Ramayana

regia Roberto Rustioni
assistente alla regia ed alla drammaturgia Gabriele Gerets Albanese
coreografie Olimpia Fortuni
musicista Denis Stern
dramaturg Chiara Boscaro
con Petra Valentini, Loris Fabiani, Silvia D’Amico, Gabriele Portoghese, Jacopo Crovella, Emanuela Caruso, Antonio Gargiulo


Nell’induismo i testi sacri spesso sono trasmessi attraverso la musica, la recitazione, la danza ed il teatro: in tempi intolleranti e contraddistinti da guerre sanguinarie e fratricide, esiste una religione, una cultura ed una tradizione che considerano le arti performative un mezzo di liberazione e una chiave per comprendere la bellezza e la beatitudine. Il Ramayana è uno dei più grandi poemi epici dell’India, scritto da Valmiki tra il secondo ed il primo secolo a.C. E’ un racconto sacro tra i più importanti e venerati, paragonabile solo al Mahabharata. Rama è un dio, Visnu, il Protettore, che si è di nuovo incarnato ed è sceso sulla terra per sconfiggere il male e ristabilire il dharma, la verità, l’equilibrio. Rama è un eroe, un principe che sconfigge il perfido Ravana, il capo dei demoni, ed impone la pace e la giustizia. Rama è un mantra, una parola magica, forse un suono primordiale, la ripetizione costante dei suoni ra-ma placa le menti agitate. Ma Rama è anche un uomo che cerca disperatamente Sita, la sua amata rapita, in lotta perenne con le proprie tenebre  per raggiungere una pienezza ed una coscienza di se: la sua storia ci parla delle nostre storie, il suo viaggio è anche il nostro, ora, qui ed adesso, le nostre lotte infinite per restare in luce il più possibile.