Fin troppo pulito e lineare lo spettacolo messo in scena da Fattore K / Associazione Olinda Armunia, che porta l’Induismo al festival dei Teatri del Sacro, in cui la maggior parte degli spettacoli fa riferimento alla tradizione spirituale cristiana. Ramayana, parte prima, infatti, si propone di raccontare uno dei maggiori poemi epici dell’India, il Ramayana appunto, scritto tra il II e il I secolo a.C.. Peccato, però, che l’allestimento si sia limitato al semplice racconto delle vicende di Rama, incarnazione del dio Visnu.
Le premesse c’erano tutte: il canto composto dalle sette voci degli interpreti avvicina l’uomo alla sfera del divino, alla quale non si può accedere mediante il solo uso della parola. Qualcosa a questo punto, però, va storto: il canto e la preghiera che curano gli affanni vengono interrotti per lasciar campo alla parola e alla narrazione degli episodi che procedono didascaliche per circa un’ora e venti. Il racconto schiaccia così l’azione teatrale che solo a tratti emerge tra le battute. Anche la recitazione, talvolta, lascia perplessi: un vecchio re, che tremando dichiara di avere più di sessantamila anni con voce incerta, un momento dopo arringa la folla con la forza di un giovane e, esaltato, annuncia l’arrivo del proprio successore.
Il canto iniziale rimane come elemento adibito alla scansione dei tempi del lavoro, segnandone la conclusione che arriva tardi, dopo un crescendo finale di inseguimenti e scontri che vedono gli attori correre su e giù per il palco.
L’allestimento è molto spoglio: restano solo nomi indiani e costumi orientaleggianti a ricordare l’orizzonte di provenienza, quando sarebbe stato importante puntare sulla caratterizzazione attraverso altri elementi che sporadicamente compaiono nello spettacolo. Canto e azioni coreutiche rimangono in secondo piano rispetto alla parola, che invece domina per tutta la durata della messa in scena. Si ha dunque la sensazione di essere davanti a un’intenzione abbozzata, dove lo studio dei movimenti non è costante e, talvolta, appare anche lasciato all’immediatezza del momento, soprattutto nelle ripetute corse che vedono coinvolti gli attori.
Forse penalizzato dalla collocazione nel programma del Festival (ultimo spettacolo della quarta giornata) e dalla durata, questo Ramayana non riesce purtroppo a convincere.
Elena Corotti