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Metamorfosi: tra folle inquietudine e innocente dolcezza

Sguardazzo/recensione di "Metamorfosi (di forme mutate in corpi nuovi)"

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Cosa: Metamorfosi (di forme mutate in corpi nuovi)
Chi: Fortebraccio Teatro, Roberto Latini
Dove: Castiglioncello (LI), Castello Pasquini
Quando: 1-5/07/2015
Per quanto: 120 minuti

Metamorfosi (di forme mutate in corpi nuovi), della compagnia Fortebraccio Teatro, che vede il proprio fondatore nonché direttore artistico e regista in Roberto Latini, è un viaggio nel sottile linguaggio ovidiano, applicato a forme dai contorni mutabili, incarnatosi in un intreccio di inquietudine e dolcezza.

L’elegia si fa azione scenica, sedimentandosi in forme che non avremmo pensato appartenerle, e che pure ci osservano con occhi vacui in volti dipinti, senza stupore, come se di elegiaco fosse sopravvissuta soltanto una patina leggera, che opacizza i colori, li allontana, ce li rende sopportabili.

Il pubblico è tanto vicino da poter sfiorare ogni parola, ma non può che percepire un distacco quasi reverenziale, manifestato da sguardi che, pur rivolti a esso, non lo incontrano mai, vesti multicolori, volti che il trucco ha resi anonimi o solcati di profonda, immutabile personalità.

Non si tratta di una rappresentazione unica: ad ogni stazione l’opera stessa muta forma, contenuto, collocazione spaziale. Pur mantenendo una struttura ben riconoscibile, a ogni narrazione un diverso episodio dà vita a maschere di clown ora innocenti ora raccapriccianti.

fortebraccio_teatro_metamorfosi_orfeo_ed_euridice_futura_tittaferranteApollo e Coronide, Orfeo e Euridice: miti di cui l’ovidiano gusto eziologico, la cura formale che si fa virtuosismo, vengono velati per mettere in luce il concetto stesso di metamorfosi, tipico del contemporaneo non meno dell’antico, dal fascino innegabile, irrazionale nel suo manifestarsi, irrinunciabile per il suo valore intrinseco. Se la metamorfosi (il mutamento della forma) è tipica della vita umana, è certamente ancor più caratteristica nel teatro, le cui forme sono variegate, impossibili da cristallizzare in definizioni statiche.

Il tessuto teatrale si dipana in cinque dei giorni del Festival Inequilibrio, dal 1 al 5 luglio, con un episodio ogni giorno.

Aria tiepida, cielo già scuro, alle 23.30 del 5 luglio assistiamo all’ultimo quadro delle Metamorfosi, conclusione del festival: si tratta di un’operazione sensibilmente differente da quella  cui abbiamo assistito nei giorni precedenti. A quale metamorfosi stiamo assistendo? Brandelli di narrazione sostano nello spazio scenico, privi di un’intelaiatura razionale in cui inserirsi. I personaggi inquietanti che abbiamo imparato a riconoscere si accompagnano ad altri, vesti candide, volti pallidi. Quei fantasmi silenziosi si muovono in danze sinuose, vi è un’insanabile distacco tra l’azione scenica e la voce che narra, sparisce, parla ancora: se ne perdono le parole, nel circo dell’assurdo che imperversa sul palco, sempre con dolcezza, seppur folle.

Ovidio, con le sue descrizioni dense di dettagli eruditi, con la ricercatezza dei termini e la spasmodica attenzione al loro suono, si annienta in personaggi di sogno tra i quali si instaurano continui legami, e pare esservi dialogo, e vi è solitudine, e ancora si forma una relazione sottile, di sguardi e gesti leggeri, in una danza di cui lo spettatore non percepisce pienamente il significato, ma dal cui valore estetico è travolto, catturato.

Ed è il pubblico a muoversi infine nello spazio scenico, mentre i personaggi, uno ad uno, svaniscono, senza pretendere applausi.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un mazzo di fiori sarebbe... in un quadro espressionista

Locandina dello spettacolo



Titolo: Metamorfosi (di forme mutate in corpi nuovi)

da Ovidio
traduzione Piero Bernardini Marzolla
adattamento e regia Roberto Latini
musiche e suoni Gianluca Misiti
luci Max Mugnai
costumi Marion D’Amburgo
con
Sebastian Barbalan
Alessandra Cristiani
Claudia Della Gatta
Ilaria Drago
Esklan Art’s Factory
Giancarlo Ilari
Roberto Latini
Savino Paparella

Carlo Vicari
rdirezione tecnica Max Mugnai
riprese video Francesco Cordio
foto Futura Tittaferrante
organizzazione Nicole Arbelli

produzione Fortebraccio Teatro, Festival Orizzonti Fondazione Orizzonti d’Arte
con il sostegno di Armunia Festival Costa degli Etruschi


Penso a Le Metamorfosi di Ovidio come a un prezioso vocabolario per immagini. Questo è il testo di riferimento di tutta la letteratura moderna e contemporanea. Voglio provare a interpretare teatralmente il linguaggio, la struttura e i suoi episodi. Voglio provare l’occasione di non mettere in scena quei Miti, ma "tradurre", nell'etimologia comune di tradire e tradizione, ciò che alcuni Miti sembrano custodire per il contemporaneo. I concetti e le derive possibili declinabili da ogni episodio descritto da Ovidio, mi permettono di immaginare e costruire materiale teatrale mantenendo strutture e riferimenti; allo stesso tempo, mi permettono di provare un percorso ogni volta diverso nel montaggio degli episodi scelti. Mettere la nostra percezione sensibile in relazione con i concetti lì espressi, credo possa darmi la possibilità di provare a costruire una sintassi per il contemporaneo nelle grammatiche di contenuti, struttura e forma. Il concetto stesso di Metamorfosi è davvero così fondamentale per il contemporaneo che anche il Teatro che siamo - e che diventiamo insieme – credo possa essere spiegato nei tentativi di precisare, trattenere e assecondare questo concetto. E' come se "metamorfosi" fosse una chiave per i generi e anche per la possibile interpretazione dei processi di ricerca. Non voglio provare a definire, ma voglio lavorare sulle metamorfosi del linguaggio teatrale, sulle sue sollecitazioni, sui suoi limiti e sulle capacità di dire oltre l’evidente. La vastità dell’Opera di Ovidio è tale per cui non può esserci scelta diversa da quella di dividere per episodi la struttura della proposta. La successione narrativa contenuta ne Le Metamorfosi spazia dalla creazione dell’Universo fino alla morte di Cesare: dal Caos alla fine di un Mondo, di un Tempo, tutto lo sforzo ovidiano mi sembra sia nel mettere ordine nel mezzo. La narrazione dei Miti sembra avere questo costante sottotesto, questa aspirazione, sicuramente. Voglio rinunciarvi da subito, non mettere in ordine, in nessun ordine, anche per non rischiare la costrizione di un eventuale percorso filologico, piuttosto provare a liberare ulteriormente, ad aprire e moltiplicare, per stare in una drammaturgia mobile e tentare una scrittura scenica in movimento che possa tramutare l’inafferrabilità nell’accoglienza di un concetto di apertura e trasformazione. Contrastare la narrazione o la successione narrativa e procedere come tra fotogrammi o stanze improvvisamente aggiunte ai lampi del pensiero. Quanto prodotto di volta in volta deve essere nella disponibilità di trasformarsi e svilupparsi per montaggio, senso e capacità di superarsi. I diversi Miti, selezionati, distillati e sovrascritti devono conservarsi e articolarsi nella tensione verso possibili moltiplicazioni di senso. Credo sia fondamentale che il pensiero artistico si collochi nel giusto atteggiamento. Le Metamorfosi mi sembrano, per quello che in questi anni è diventato il nostro percorso, l'occasione più interessante, per prossimità, stimoli e distrazione di confine. R. L.

Sara Casini
Sedicente studentessa universitaria, apparentemente giovane: nella realtà ha almeno il doppio degli anni e il triplo della malvagità dimostrate dagli occhioni azzurri e il sorriso inoffensivo.