Difficile parlare (benché non lo si ritenga assolutamente impossibile) d’una performance come quella data dagli atletici trampolieri di Teatro dei Venti, nella serata di venerdì 31 luglio a Lari, ultimo (nonché ritardato) appuntamento nel penultimo giorno di Collinarea 2015.
Orecchiando tra colleghi ed esperti, c’è chi insinua come questo tipo di esibizioni non possa dirsi teatro e, francamente, non potremmo discordare più veracemente: trattasi assolutamente di teatro, senza dubbio alcuno. Piuttosto, vi si rintraccia una tipologia di discorso che, va da sé, non è quella dell’applicazione d’un testo, della produzione di senso attraverso una (pseudo)azione dialogata: non è, dunque, drammaturgia in chiave strettamente testuale (in realtà, Simurgh, il titolo dell’esibizione, una drammaturgia ce l’ha eccome). Vero è, lo si conceda ai dubbiosi, che questo genere di spettacoli, forse, necessita di altre forme rispetto alle quali la recensione (per quanto declinabile, è pur un genere d’intervento dotato di standardizzazione) rischia di denunciare tutte le proprie immancabili carenze.
E così, rinunciando a tale forma, proviamo a raccontarvi per immagini (scattate con un banalissimo smart phone da mano non professionale), qualche lacerto di quanto veduto, la messa in scena (anzi in piazza) del mito dal poema Il Verbo degli uccelli (testo persiano di Farid al-Din ‘Attar, 1177), che narra la caduta della “città degli uccelli” in mezzo agli uomini e della nascita della loro guida, Simurgh. Aggiungiamo, per completezza, che le mirabolanti evoluzioni degli attori sui trampoli acquistano maggior forza da una vigorosissima e convincente partitura sonora, in cui due soli strumentisti (Igino L. Caselgrandi, batteria e percussioni; Luca Cacciatore, sassofoni e flauti) tessono un fitto spettro di richiami (dal jazz alle influenze balcaniche) a “completare” il quadro performativo.