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Insabbiati
23/10/2015 21:30
Pisa, Teatro Rossi Aperto;
di e con Valentina Bischi
musiche Gianpietro di Rito
Roma 1940.
Quando l’Istituto Luce gli propone di andare a girare un documentario in Etiopia, Ricciotti Menotti Bischi, videoperatore della nascente industria cinematografica, accetta emozionato e lascia la moglie Augusta e i tre figli a Roma.
Le sue lettere indirizzate alla moglie e poi fortunatamente giunte alle mani della nipote, l’attrice Valentina Bischi, disegnano la traccia della narrazione di “Insabbiati”.
L’interprete veste i panni di Augusta, dando voce a coloro che vivono nell’attesa e nel ricordo della presenza del marito, del padre, dell’amico. Come in un malinconico affresco neorealista, evocativo e convincente, la scena è scarna: solo una conca piena di biancheria, il filo per tenderla e sul fondale una casetta bianca sulla quale scorrono le immagini d’epoca dell’Istituto Luce, materiale che impreziosisce la storia sospesa tra ricordo intimo e ricostruzione storica. “Insabbiati” è un racconto per una voce accompagnata da una chitarra in scena, unico controcanto lirico a questa Penelope della resistenza che racconta, legge e ricorda il marito aspettando il suo ritorno. Con l’entrata dell’Italia in guerra, Ricciotti infatti riceverà, come tutti gli italiani in Etiopia in quel periodo, l’ordine di imbracciare le armi e non tornerà mai a casa.
La battaglia dell’uomo, costretto a combattere per una causa che non gli appartiene, non sarà dissimile da quella di coloro che ne attendono il rientro, in una Roma svuotata dalle bombe e dai rastrellamenti.
Con “Insabbiati” Valentina Bischi offre al pubblico il racconto di una vicenda familiare in cui la resistenza privata, che talvolta opponiamo alle curve brusche della storia, diviene in scena emblema della disperazione di un intero popolo.
Quando l’Istituto Luce gli propone di andare a girare un documentario in Etiopia, Ricciotti Menotti Bischi, videoperatore della nascente industria cinematografica, accetta emozionato e lascia la moglie Augusta e i tre figli a Roma.
Le sue lettere indirizzate alla moglie e poi fortunatamente giunte alle mani della nipote, l’attrice Valentina Bischi, disegnano la traccia della narrazione di “Insabbiati”.
L’interprete veste i panni di Augusta, dando voce a coloro che vivono nell’attesa e nel ricordo della presenza del marito, del padre, dell’amico. Come in un malinconico affresco neorealista, evocativo e convincente, la scena è scarna: solo una conca piena di biancheria, il filo per tenderla e sul fondale una casetta bianca sulla quale scorrono le immagini d’epoca dell’Istituto Luce, materiale che impreziosisce la storia sospesa tra ricordo intimo e ricostruzione storica. “Insabbiati” è un racconto per una voce accompagnata da una chitarra in scena, unico controcanto lirico a questa Penelope della resistenza che racconta, legge e ricorda il marito aspettando il suo ritorno. Con l’entrata dell’Italia in guerra, Ricciotti infatti riceverà, come tutti gli italiani in Etiopia in quel periodo, l’ordine di imbracciare le armi e non tornerà mai a casa.
La battaglia dell’uomo, costretto a combattere per una causa che non gli appartiene, non sarà dissimile da quella di coloro che ne attendono il rientro, in una Roma svuotata dalle bombe e dai rastrellamenti.
Con “Insabbiati” Valentina Bischi offre al pubblico il racconto di una vicenda familiare in cui la resistenza privata, che talvolta opponiamo alle curve brusche della storia, diviene in scena emblema della disperazione di un intero popolo.