Io, che sono Arlecchino (ma potrei dire Kilgore Trout),
ho una certa confidenza con la morte.
Niente di terribile, spaventoso o speciale: maschera e teatro appartengono da sempre a quel terreno liminare in cui il respiro si scioglie nell’immobilità, in cui quella specie animale un po’ buffa e un filo autoreferenziale che s’è data nome Homo sapiens sapiens tende a definire il passaggio tra la vita e la morte.
Come se vi fosse necessariamente un prima. E, altrettanto necessariamente, un dopo.
Come se il momento fosse qualcosa di statico, unilaterale, unidirezionale.
Invece, vi dico che la morte non è una cosa seria. Tutto qua. Semplice.
Bando alle ciance, però. Non buttiamola sul complicato a proposito del tempo, a quello ci pensino le serie televisive. Si diceva della morte.
Succede che si muore. Tanto basta. Né gioia né dolore. Curioso che, invece, le reazioni degli spettatori/attori di quella che chiamate vita siano sempre, come dire, un poco sopra le righe. Insostituibile, inconsolabile, vuoto incolmabile, incredulo: ampissima gamma di in- dalle in-(un altro!)finite declinazioni.
Nel salutare Luca Ronconi, evitiamo di fare o vergare coccodrilli. Li lasciamo ad altri e, per amor di lazzo, ne elencheremo alcuni, in una sorta di crestomazia tra funereo e grottesco.
Prima, però, una citazione, doverosa, da Macbeth (atto V, scena 3):
in pieno disastro, l’ufficiale Seyton comunica la morte di Lady Macbeth. Apprendendo la notizia, prima di lanciarsi nel celebre monologo «Domani e domani e domani» (quello che chiude affermando che «la vita non significa niente»), Macbeth quasi butta via una battuta, la fa cadere lì, en passant. È una delle più belle, sincere (e comiche) affermazioni mai pronunciate sulla morte e non possiamo mancare di rammentarla ogni volta alla notizia di un decesso.
Luca Ronconi, o chi per lui, non ce ne vorrà, se io, che sono Arlecchino, la riporto in questo frangente:
SEYTON. The queen, my lord, is dead.
MACBETH. She would have died hereafter.
La mia traduzione:
SEYTON. Sire, la regina è morta.
MACBETH. Sarebbe dovuta morire comunque…
E ora, via con la raccolta di COCCODRILLI RONCONIANI
1
Il collega regista Piero Maccarinelli l’ha messa sul leggero, contribuendo con una sorta di toccante diretta mortuaria:
2
Giorgio Napolitano non è più Presidente della Repubblica Italiana (benché la soluzione sul modello del papa emerito sarebbe stata giuridicamente affascinante), ma non ha sorvolato, lanciandosi in un severo monito:
«Con la morte di Luca Ronconi il mondo della cultura, dell’arte e dello spettacolo subisce una nuova, grave e dolorosa ferita. Egli era da lungo tempo per generale riconoscimento, anche fuori d’Italia, la più originale e forte personalità di regista del teatro di prosa e del teatro d’opera. Era succeduto idealmente a Giorgio Strehler, facendo anch’egli del Piccolo Teatro di Milano la sua casa, il centro delle sue molteplici prestazioni e invenzioni. Diede prova della sua sensibilità artistica e politica volendo anche allestire per il Centocinquantenario dell’Unità d’Italia una splendida mostra dei capolavori d’arte delle Regioni italiane nei sontuosi ambienti della Venaria a Torino. Desidero esprimere la mia commossa vicinanza a quanti hanno operato con lui, hanno tratto insegnamenti dal suo ineguagliabile magistero, e innanzitutto al Piccolo Teatro e alla Scala di Milano che hanno perso un incomparabile apporto di finezza intellettuale, di sensibilità artistica, di passione e di straordinaria operosità».
3
Titolisti, che passione: chi non ha mai desiderato esercitare tale mestiere? A “La Stampa”, ne siamo certi, ascoltano Elio e le Storie Tese, per intitolare la galleria d’immagini dedicata al Maestro Luca Ronconi, una vita per il teatro (lo so, è impossibile non completare Ronconi, una vita per la moto!)
4
Premio popolare, della giuria e menzione speciale vanno, però, a “Il Fatto Quotidiano”: Camilla Tagliabue (sospettiamo sia un sibillino nom de plume di Tommaso Chimenti) intinge il pennino nello zafferano e verga un imperdibile pezzullo, condito da aromaticissimi aneddoti (tra cui la supposta cacciata del quattrenne Ronconi alla prima esperienza da spettatore teatrale). Una prece.
[Non finisce, temo, qui]