Io, che sono Arlecchino, infilo il naso dappertutto, così ho chiesto a Massimo Ferri, direttore generale di Officine della Cultura, di parlarci della collaborazione con Roberto Castello e, soprattutto, visto che non mi sfugge niente, dello spettacolo che hanno portato in scena a Capannori per Tempi moderni: Colmi, Lazzi, Scherzi, Inezie ispirato alle opere di Ettore Petrolini, in cui Ferri indossa gli abiti del musicista insieme a Stefano Ferri, Luca Roccia Baldini, Gianni Micheli e Mariel Tahiraj.
Da cosa nasce l’idea di portare in scena l’opera di Petrolini?
Prima ancora che esistesse Officine della Cultura – la nostra coperativa/residenza artistica – io e Stefano (il quale interpreta le parti recitate e cantate di Petrolini), avevamo già lavorato tanti anni fa sul repertorio di Petrolini. Ai tempi eravamo giovani e punk, ne avevamo fatto una versione un po’ rockeggiante. Successivamente abbiamo coprodotto con il Teatro Popolare d’Arte, con la regia di Gian Franco Petrullà, delle musiche dal vivo, con Nicola Rignanese, che s’intitolava Ridere. Poi, in fase di lock down, presi dalla disperazione, abbiamo creato un copione e ognuno da casa propria ha registrato musiche e parti recitate con una scenografia (un fondale nero) e con dei costumi. In seguito, abbiamo montato il tutto e ne abbiamo fatto un prodotto audiovisivo di 30 minuti, che abbiamo presentato tramite un’iniziativa sulla piattaforma Zoom, in cui hanno partecipato circa 80 persone, tra cui Roberto Castello. Il video dello spettacolo è rimasto disponibile su You Tube per qualche settimana.
Questo spettacolo è nato dall’esigenza di creare qualcosa di collettivo, partendo da un repertorio già pronto, che abbiamo rielaborato. Poi il desiderio di rincontrare il pubblico era forte, noi avevamo in mente di trasformare questo spettacolo, fatto da computer, in una performance dal vivo itinerante (trasportandolo su un rimorchio di un camion) per andare in giro nelle piazze.
Com’è nata la collaborazione con Roberto Castello?
Nello stesso periodo in cui preparavamo lo spettacolo, Roberto Castello mi chiamò per propormi una collaborazione per Tempi moderni. Ci siamo organizzati attraverso una serie di incontri sulla piattaforma Zoom.
Con Officine della Cultura abbiamo partecipato alla produzione di quattro spettacoli in cartellone, con la drammaturgia di Samuele Boncompagni e con le musiche di Enrico Fink (direttore della nostra orchestra). Noi ospiteremo due episodi di Tempi Moderni nel nostro Festival delle Musiche (Val di Chiana).
Come sta reagendo il pubblico allo spettacolo? Siete soddisfatti?
Siamo molto soddisfatti, anche più di quello che ci aspettavamo. C’era un po’ di preoccupazione perché un’altra particolarità del progetto è l’incontro di questo tipo di teatro con il pubblico delle periferie (la topografia del nostro territorio non è avvezza all’idea di corte e di cortile). Siamo andati per le strade dei condomini, nelle zone periferiche, dimenticate ed emarginate da “Dio e dagli uomini”, in cui spesso non ci sono iniziative. Alla fine queste zone ci hanno dato la massima soddisfazione, la gente si affacciava dai balconi e dalle finestre, qualcuno scendeva in strada e alcuni si mettevano a ballare. La stessa cosa in delle piccole frazioni e in piccoli comuni periferici, come Civitella in Val di Chiana dove c’era stata precedentemente un’iniziativa della Proloco locale. C’è stata una bellissima accoglienza. Paradossalmente, nelle piazze, questo lavoro ha avuto meno successo, perché questo è uno spettacolo che non presuppone un palco e delle sedie, ma è appunto itinerante e in movimento. Abbiamo, ispirandoci a Tempi Moderni, deciso di includere una raccolta solidale che abbiamo fatto con la Fraternità Federico Bimbi, ex socio morto 10 anni fa, che lavorava nell’organizzazione del Festival delle Musiche. Questa realtà si occupa dei senza tetto. È stata una grande fatica, ma soprattutto una grande soddisfazione.