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Flavia Mastrella e Antonio Rezza, “Clamori al vento: l’arte, la vita, i miracoli”

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F. Mastrella e A. Rezza, Clamori al vento: l’arte, la vita, i miracoli, Milano, Il Saggiatore, 2014.

Quando scrivi un libro non è come quando fai uno spettacolo o un film che lavori sul tempo reale, devi andare indietro su quello che hai fatto. È una perdita di tempo. È pure un po’ troppo commuovente quando esamini materiali di quindici anni fa. Non è da eroi. Ogni tanto bisogna farlo. Ogni tanto è giusto, ma raramente.

Rezza-Mastrella, foto copertina 'Clamori al vento' (da www.rezzamastrella.com)Così avevamo lasciato Antonio Rezza e Flavia Mastrella qualche anno fa: un’idea poco entusiasta sulla pubblicazione di un libro che racchiudesse la storia del loro lavoro.
Oggi ci troviamo d’innanzi a Clamori al vento, zibaldone di 400 pagine dove, oltre a un corpus ben fornito di fotografie di scena, i due artisti si confrontano sull’atto creativo: il loro.
La coppia, per chi non li conoscesse, lavora insieme dal 1987 realizzando spettacoli teatrali, cortometraggi, mostre, installazioni e quant’altro si affacci al mondo dell’arte. Chi, prima dell’uscita di questo recente volume, si fosse cimentato in una ricerca sul duo avrebbe corso il rischio di perdersi in un oceano di dichiarazioni sfuggenti e in un (quasi) deserto critico. Dal punto di vista bibliografico, infatti, oltre a La noia incarnita. Il teatro involontario di Flavia Mastrella e Antonio Rezza edito dall’editore fiorentino Barbès nel 2012 (libro che consiste, più che altro, in un catalogo di belle fotografie di scena corredate da un’intervista, oltre a essere “in via di estinzione” per il fallimento della casa editrice) e alcune pubblicazioni su qualche rivista specializzata, il vuoto dilaga sul lavoro della coppia. È quindi con piacere e curiosità che sfogliamo questo volume fresco di stampa che Il Saggiatore ha voluto offrire agli amanti del teatro dei due artisti.

Antonio Rezza, come sempre, non rivela più dello stretto necessario e, tramite paragrafi tematici, ci illustra alcuni dei suoi procedimenti creativi (l’importanza del corpo, il valore della parola, il gesto incompiuto). Come sulla scena, anche nella scrittura il performer risulta ermetico ed enigmatico; giocando sulla (in)comprensione indaga un argomento per scardinarlo e rimetterlo a nuovo. E non ci dobbiamo meravigliare se parlando di Antonin Artaud (a parer nostro tra gli artisti più influenti nel lavoro della coppia o quanto meno attinenti a esso) ci svela:

di A. ho tutti i libri, ma non ne ho letto uno. Ho testimoni pronti a deporre […] i libri belli non vanno letti, bisogna avere il coraggio di fidarsi.

Flavia Mastrella, invece, è meno criptica: racconta a profusione l’esordio dell’idea, di come essa si sviluppi sino a diventare l’habitat in cui il fidato collega vivrà per mesi e mesi, prima di approdare all’epilogo finale coincidente nello spettacolo.

Ed ecco che (ir)razionale e (il)logico si sposano.

All’interno del volume spuntano, inoltre, qua e là veri e propri stracci di drammaturgia, derivanti dalle vecchie e nuove interviste di Troppolitani, ma anche dai recenti spettacoli (7 14 21 28) e lungometraggi (Delitto sul Po, del 2001). (S)Perdersi: la parola più adatta per affrontare questo libro, dato che entrambi gli artisti conducono il lettore sui propri personali percorsi intellettuali, per poi abbandonarlo al desiderio di (ri)vedere presto un loro spettacolo per (an)notare le peculiarità svelate nel volume.

Francesca Cecconi
Da attrice a fotografa di scena per approdare alla mise en espace delle proprie critiche. Under35 precaria con una passione per la regia teatrale. Ha allestito una sua versione di Casa di bambola di Ibsen. Se fosse un’attrice: Tosca D’Aquino per somiglianza, Rossella Falk per l’eleganza, la Littizzetto per "tutto" il resto.

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