Il Bestiario di Arlecchino: La Gazzella dei teatri

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È tra 1957 e 1969 che Jorge Luis Borges, con l’ausilio di Margarita Guerrero, pubblica a più riprese El libro de los seres imaginarios (l’edizione italiana, risalente al ’62, mantiene nel titolo il riferimento alla prima versione, ossia Manuale di Zoologia fantastica), un saggio al cui interno è possibile trovare una cospicua selezione di figure fantastiche che vanno dal Bahamut alla Chimera, descrivendone le peculiarità. Noi, che siamo arlecchini, di figure (e figuracce) reali, ma dalla grande fantasia, ne vediamo molte. È con grande piacere, quindi, che vogliamo testimoniare le fiere belve incontrate nel nostro girovagare per teatri, realizzando così un nostro esclusivo bestiario. Lo inauguriamo, per l’occasione, con la Gazzella.
C’era una volta, ossia qualche giorno fa, assistendo allo spettacolo Sarto per signora (regia di Valerio Binasco) in quel di Pietrasanta, una donna che, in contrapposizione lessical-fonetica al sarto in scena, ha realizzato il salto in platea. Agile gazzella in una savana di poltroncine, in un unico slancio, dall’ultima fila della galleria si fionda sul corridoio in direzione della toilette. Il tutto, naturalmente, in piena performance, dando adito all’atroce dubbio nutrito dai più maligni, cui noi mai ci sogneremo di prestar ascolto, che Solfrizzi possa provocare, come minimo, perniciosi ed esiziali attacchi di improvvisa dissenteria.
Intonava Samuele Bersani: «Pietro Mennea e Sara Simeoni son rivali alle elezioni»; chi scrive aggiungerebbe, alla peculiare prova ginnico-atletica, anche la nostra intrepida balzatrice. Ad ampie e potenti  falcate, fa ritorno dalla vespasiana destinazione e, librandosi da terra, emettendo incurante un significativo sospiro ai confini col gemito, allunga la prima gamba con la quale riesce a travalicar la poltrona e «Poh!»,  ecco giungere, a sigillo del tutto, il dolce risuono della soddisfatta pelvi a infrangersi sulla sedia rossa, con la nostra animalessa a cavalcioni, non ancora del tutto appagata. L’elegante artiodattilo mammifero non demorde e, senza scoraggiarsi, accompagna anche l’altra zampa oltre la catena montuosa dei braccioli della poltroncina. La moda, dea crudele sommamente ingiusta, impone jeans avvitati, costringendo poca agilità nei movimenti: ne fa quasi le spese l’inerme e inconsapevole testolina di un infante, letteralmente lisciata dalla traiettoria aerea dell’arto in questione; la vistosa Nike schiva, senza la minima intenzione, l’urto col frugoletto per poi imprimersi con certa violenza nello schienale della seduta dinanzi, destando dal torpore scenico l’incolpevole spettatore che, non poco accigliato, si volta con stizzita sorpresa.
L’ultima immagine è della nostra Simeoni a braccia alzate, gazzella degna (in tutti i sensi e non ce ne vogliano gli animalisti) di fucilazione.

 

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Francesca Cecconi
Da attrice a fotografa di scena per approdare alla mise en espace delle proprie critiche. Under35 precaria con una passione per la regia teatrale. Ha allestito una sua versione di Casa di bambola di Ibsen. Se fosse un’attrice: Tosca D’Aquino per somiglianza, Rossella Falk per l’eleganza, la Littizzetto per "tutto" il resto.

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