Un’ottantaquattrenne Adriana Asti si disegna saggiamente, e su misura, Il mare è blu, recital musicale che omaggia la poesia e le liriche di Bertolt Brecht. «Ja-das-meer-ist-blau: Sì, il mare è tanto blu e qui nulla cambierà e se tutto finisce poi ricomincerà». Proprio racchiusa nei versi che danno il titolo allo spettacolo, tratti dalla canzone Mastrosen Tango (Happy End), tutta la nostalgia per un teatro d’altri tempi che emerge sia nelle scelte registiche sia nella peculiare drammaturgia di questo allestimento.
La consumata attrice, vestita in un abito nero da guappo, volto bistrato e cappelli impomatati, è coerentissima nell’intento di costruire un unico grande numero di varietà già a partire dall’impatto visivo della scena: la sagoma statica si staglia contro un velario blu dai fili fitti e praticabili. Si aggiunga pianoforte, clarinetto e fisarmonica, un leggio, un occhio di bue per le canzoni: il gioco è fatto. Ovviando all’impossibilità di far leva su un’interpretazione che punti su ampia gestualità e spiccata fisicità per dare ritmo allo spettacolo, Asti designa due zone precise del palcoscenico: un’ala è deputata alla declamazione di poesie e monologhi, nei pressi di un leggio che è autentico oggetto di scena; dalla parte opposta, all’ombra del pianoforte, si canta.
S’affida alla mimica facciale, l’attrice, all’espressività gestuale e a un rapporto di sorniona complicità, da mattatrice d’avanspettacolo, con il pubblico. Con una vocalità non troppo estesa, ma penetrante e abilmente commisurata alle proprie corde, interpreta le Song di Brecht in maniera originale rispetto ai canoni italiani, consolidati dalla Milva strehleriana o da Ute Lemper, avvicinandosi forse più alle scelte interpretative di Milly (al secolo Carla Mignone). Lo spettatore è guidato in un itinerario preciso tra ironia e dramma, con equilibrata alternanza fra scritti poetici, focalizzati più sul Brecht uomo che sull’artista, e le più celebri canzoni, tratte in prevalenza dall’Opera da tre soldi, Mahagonny e Happy End; al centro, un corposo intramezzo monologico che fraziona in due segmenti la messinscena, caratterizzandola con la denuncia degli orrori del “secolo breve”. La scelta, infatti, ricade su un brano tratto da una delle commedie più drammatiche, Terrore e miseria del terzo Reich, con la quale si offre al pubblico il ritratto brechtiano della ricca moglie ebrea, socialmente emarginata sia per le leggi razziali sia per il matrimonio ormai finito.
Il mare è blu è un discorso, una riflessione su Brecht, un dialogo che prende corpo e forza grazie alla complicità della diva con la platea, cui spesso essa si rivolge senza mediazioni, fra parole e musica, leggerezza e passione civile, godibile grazie anche ai briosi arrangiamenti di Alessandro Nidi. I musicisti (il citato Nidi al pianoforte, Massimo Ferraguti al clarinetto e Nadio Marengo alla fisarmonica) accompagnano con evocativa sensibilità sia le canzoni sia le declamazioni poetiche sia i monologhi.
Chi cerca un piacevole amarcord senza sorprese, in questo mare blu troverà possibilità di rivivere, in un’atmosfera da varietà novecentesco, le più belle pagine di Weill e Brecht, impreziosite dalla personalità d’una grande attrice. Non sarà, forse, tutto, ma neppure poco.