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Amate i vecchi? Siete vecchi anche voi?

Sguardazzo/recensione di "Lear"

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Cosa: Lear
Chi: Roberto Bacci, Silvia Pasello, Màrcio Medina
Dove: Pontedera (PI), Teatro Era
Quando: 5/04/2016
Per quanto: 110 minuti

Tre donne in scena si intrecciano i capelli. Tre sorelle si prendono l’una cura dell’altra, gesto appartenente a un universo di affetti vissuto nella quotidianità della famiglia; Goneril (Caterina Simonelli), Regan (Silvia Tufano) e Cordelia (Maria Bacci Pasello) si mostrano agli occhi di chi guarda, prima che la tragedia le inghiotta.

In Lear, ultima fatica di Roberto Bacci, è lo spazio a fungere da personaggio principale. Attraverso grandi teli di tyvek paralleli al proscenio, il palco è suddiviso in sette sezioni. Uno ambiente che vive e respira, dilatandosi e restringendosi sui personaggi del dramma. Il mondo creato per Lear da Màrcio Medina pare in possesso di una sorta di silenziosa coscienza. Le stoffe, dipinte con tinte di terra, si gonfiano attorno alla follia del sovrano, si chiudono sulla purezza di Cordelia, si spalancano sull’ambizione ingorda di sorelle e fratelli.

Silvia-Pasello-Maria-Bacci-Pasello-Lear-foto-di-Roberto-Palermo-2Nel riportare una visione di questo spettacolo, è impossibile non soffermarsi sulla figura del protagonista. Il re è donna, o meglio, il corpo del re è quello di donna. La materia umana ha le fattezze di Silvia Pasello, ma il pensiero resta quello di uomo, di vecchio. Nel Lear di Shakespeare non c’è posto per una madre e la Pasello soddisfa tale volontà facendo albergare in sé lo spirito del Re Padre.

Stefano Geraci rielabora il testo e decide di eliminare alcuni personaggi. Sopravvivono, oltre a Lear e le tre figlie, i due figli di Gloucester (Francesco Puleo) e, cioè, il legittimo Edgar (Savino Paparella) e il bastardo Edmund (Tazio Torrini), oltre al buffone (Michele Cipriani). La volontà dello spettacolo divide questi personaggi superstiti e assegna, a chi porta sulle proprie spalle il destino della tragedia, una maschera che annulla le fisionomie e trasforma i corpi in presenze.

038-870x580Lear teme il vuoto che si schiude attorno a sé, il gorgo nero in cui le figlie, lentamente, lo spingono. Si spoglia della regalità e, nel farlo, la mente allenta i nodi che la mantengono presente: il niente sopraggiunge inesorabile.

La scena asseconda la morte e lo spazio, negli ultimi istanti della tragedia, diviene campo di battaglia. I teli, infine calati a terra, assumono sembianze di soldati caduti cui si riservano gli onori di chi sacrifica la vita per la patria. È in questo ambiente desolato, completamente aperto, agonizzante, che ognuno dei personaggi incontra il proprio destino. Al buffone, tornato in scena attraversata la platea, il compito di celare, dietro un sipario intriso di luce vermiglia, tutto quello che è appena avvenuto. La morte si nasconde sotto la copertina di un difficile libro di cronaca familiare prima che il buio sopraggiunga per non lasciare alcun resto.

081-870x580Lo spettacolo trae forza nella scena, capace di scandire i tempi del dramma che, gradualmente, prende forma. Ma, al di là della suggestione donata dal respiro delle stoffe, risulta comunque difficile avvicinare un simile allestimento. Si resta a distanza, osservando da lontano, senza quasi avere la possibilità di prendere parte, emotivamente, alla dinamica. Si ammira, temendo però il subentrare dell’indifferenza, si guarda con la voglia insoddisfatta di lasciarsi sporcare le mani, si resta consapevolmente seduti sulla propria poltrona.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un oggetto da salotto sarebbe... una zuccheriera di porcellana

Locandina dello spettacolo



Titolo: Lear

da William Shakespeare drammaturgia Stefano Geraci regia Roberto Bacci Con Maria Bacci Pasello, Michele Cipriani, Savino Paparella, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Caterina Simonelli, Tazio Torrini, Silvia Tufano Assistente alla regia Francesco Puleo Progetto scene e costumi Márcio Medina Musiche originali Ares Tavolazzi Luci Valeria Foti, Stefano Franzoni Produzione Fondazione Teatro della Toscana Roberto Bacci, dopo le varie versioni di Amleto continua il suo confronto con i testi shakespereani, con Lear, dove, con la drammaturgia di Stefano Geraci, rivisita, scompone, smonta pezzo per pezzo il dramma di Shakespeare, per mostrare il crollo delle certezze quotidiane. Lear si toglie la corona che teneva unito il suo regno. Lascia l’eredità alle figlie: tutto “crolla”, fino alla fine. «Dietro queste due righe è nascosta la trappola che racchiude molte domande che ci riguardano da vicino. La nostra opera: smontare pezzo per pezzo questa “trappola” per comprenderne lo straordinario funzionamento, mostrarne la costruzione e la dinamica, affrontare le domande che in essa sono nascoste, al di là della storia che ci racconta. Che cosa ci accade quando ciò che ci tiene uniti alle nostre certezze “crolla” dentro di noi? Che cosa diventa il nostro regno quotidiano quando il “nostro” Re lo abbandona? Il tradimento, l’ipocrisia, la fame di potere ci trascinano verso il disordine di uomini addormentati. Il “nostro Re”, che un tempo era il centro della nostra esistenza, oggi vaga, impazzito nel deserto della propria tempesta» (Roberto Bacci)

Gemma Salvadori
Nata a Volterra nell'inverno del 1992, vive lì, studia a Pisa. Sogna di vivere in un attico con un cane e quattro gatti: tutto molto bello ma davvero poco interessante. Fuma e scrive su un' agenda bancaria più vecchia di lei rivestita con la carta da parati della nonna del suo vicino di casa.