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A lui, gli occhi: a voi, l’anima del fool

Sguardazzo/recensione di "ANIMA! Cinque paesaggi"

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Cosa: ANIMA! Cinque paesaggi
Chi: Simone Perinelli, Ian Gualdani, Sussanah Iheme, Alessandro Sesti, Leviedelfool
Dove: Lucca, Teatro del Giglio
Quando: 26/11/2021
Per quanto: 100 minuti

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«Sogno, o son desto?», così si rimane dopo i 100 minuti di Anima!, composito lavoro offerto da Leviedelfool del polimorfico e talentuoso Simone Perinelli, terzo spettacolo della rassegna Lucca Visioni. Si potrebbe trattare della perfetta centratura del bersaglio da parte del teatrante romano, di cui da tempo seguiamo le gesta, apprezzandone le indubbie doti sceniche, la potenza poetica, la grande capacità di costruzione. 

Lo sguardo è sin da principio accolto in un dedalo di visioni, rimandi, suggestioni sinestetiche: scena dominata dal bianco, nitore sul quale si stagliano quattro figure tra l’animalesco e l’antropomorfo. Aleggia un apologo sospeso: 

«Moltissimi gatti si sono radunati in una casa diroccata e deserta, dove un uomo li sta osservando di nascosto. Un gatto balza sul muro e grida: “Dite a Dildrum che Doldrum è morto”. L’uomo va a casa e ripete la frase alla moglie, al che il gatto di casa fa un balzo e miagola: “Allora il re dei gatti sono io!” e scompare su per il camino». 

È l’abbrivio d’una complessa, oppure facilissima, apposizione di scene, slittamenti, soluzioni teatrico-musicali in cui i quattro performer (oltre a Perinelli, la ricciuta e formosa Sussanah Iheme, lo scultoreo e flessuoso Ian Gualdani già ammirato nel Caligola carrettiano, l’autenticamente gattesco e sornionissimo Alessandro Sesti), danno fondo a ogni risorsa. Occhi e orecchie diventano ostaggi delle azioni inscenate, che lambiscono ogni possibilità espressiva: dall’ostentata spettacolarizzazione del canto sdilinquito a momenti di toccante intimismo, nella paradossale potenza d’una fragilità esibita. Tanto, e forse pure troppo:  come in un pasto pantagruelico, il rischio è la perdita di definizione, il naufragio in cotanto mare di suggestioni, posto il plauso per uno spettacolo, anzi un teatro, che si offre nella sua più plateale onestà. L’eccesso di forma e forme dell’orditura è un grande tentativo poetico, cui difetta qualche (dolorosa e) netta decisione circa cosa offrire a chi non ha assistito al percorso d’allestimento, le tracce seguite, gli spunti, un plesso di segni certo interessante da conoscere. Ed è curioso che, nelle repliche successive a questa, la comunicazione sulla messinscena includa delle Istruzioni per l’uso

  • Partecipa allo spettacolo con la stessa attesa, con la stessa illusione con cui ci si addormenta: il sogno può rivelarsi oppure no;
  • Il sogno non è una scena del crimine: non c’è una ragione da cercare o una legenda per decifrare la scena. I segni si auto-generano e si auto-annientano, solo tu puoi scegliere quali riconoscere;
  • Lasciati trasportare dalla logica dell’onirico. Le leggi che governano la superficie del mondo non sono in vigore in questo spettacolo;
  • Non cercare il tema. Cogli i riferimenti che trovi più avvincenti: ogni associazione emotiva o intellettuale che scaturirà dentro di te sarà la più giusta per immergerti nel mondo di ANIMA!

Leggendo queste dritte assieme al resto degli scritti sull’operazione, pensiamo di capire maggiormente lo scopo di Perinelli, che contrasta, in modo tutt’altro che polemico, con la condanna della critica, ossia quella di parlare, rendere logos, quanto di ben più grande rispetto alla logica si dia, e cioè l’opera d’arte. E questo giustifica il dissidio tra il nostro sguardo e una messinscena tanto opulenta di intuizioni: a fronte d’un lavorone, si ha come l’aria d’essere, per dirla in poesia, della razza di chi rimane a terra, come l’osservatore della fanciulla Esterina protagonista del Falsetto di Eugenio Montale. Nondimeno, gli applausi sono meritatissimi, quanto le perplessità per un Teatro del Giglio che, il giorno stesso in cui va in scena questo lavoro e alla vigilia della prima, storica, recita della Societas a Lucca, diffonde un comunicato sul primo titolo della stagione di prosa (il non teatro di Michela Murgia, su cui magari torneremo) tacendo di questi appuntamenti immediati, una forma di autolesionismo che neppure val la pena sforzarsi di capire.

VERDETTAZZO

Perché: Sì, oppure no
Se fosse... una pietanza sarebbe... un brasato al peyote

Locandina dello spettacolo



Titolo: ANIMA! Cinque paesaggi

regia e drammaturgia Simone Perinelli
consulenza artistica, aiuto regia e organizzazione Isabella Rotolo
con Sussanah Iheme, Ian Gualdani, Alessandro Sesti e Simone Perinelli
direzione tecnica Letizia Paternieri
disegno luci Gianni Staropoli

video Luca Brinchi e Daniele Spanò
progetto sonoro Giovanni Ghezzi

scene e maschere Francesco Givone, Chiara Manetti, Gisella Butera e Matilde Gori

costumi Tommaso Cecchi de Rossi

foto e grafica Manuela Giusto
coproduzione Teatro del Carretto, Teatro della Tosse e Leviedelfool

sostenuto da Regione Lazio con il Fondo Unico 2021 per lo spettacolo dal Vivo e dalla Fondazione Carivit di Viterbo

con il sostegno di Centro di residenza della Toscana (Armunia – CapoTrave/Kilowatt), Aldes/SPAM!, Teatro Biblioteca Quarticciolo – Teatro di Roma, Murmuris – Teatro Cantiere Florida Firenze


Cinque capitoli come cinque movimenti a celebrare altrettanti possibili luoghi dell’anima. A legarli quattro esistenze che ciclicamente muoiono e rinascono in nuovi personaggi, all’infinito, in quella grande animazione che è la vita stessa. Uno spazio liquido, mobile, indefinito. Un fondale come nel set di un cartoon scandisce il tempo e costruisce paesaggi interiori: un cielo, una vecchia carta da parati di una casa diroccata, una giungla. Un messaggio in una segreteria risuona nella casa completamente abbandonata, a parte 4 gatti che ancora abitano lì. Messaggio che suona come un rebus da decifrare: Moltissimi gatti si sono radunati in una casa diroccata e deserta, dove un uomo li sta osservando di nascosto. Un gatto balza sul muro e grida: “Dite a Dildrum che Doldrum è morto”. L’uomo va a casa e ripete la frase alla moglie, al che il gatto di casa fa un balzo e miagola: “Allora il re dei gatti sono io!” e scompare su per il camino. Questo è l’inizio del viaggio per cercare di dare voce all’indicibile che ci abita e silenziosamente ci parla specchio del mondo in cui viviamo. È importante avere un segreto, una premonizione di cose sconosciute. L’uomo deve sentire che vive in un mondo che, per certi aspetti, è misterioso; che in esso avvengono e si sperimentano cose che restano inesplicabili. Solo allora la vita è completa. (Jung, Ricordi) Anima mia, dove sei? – con questa domanda Jung si interroga, nel suo Libro Rosso, sulla scoperta e l’analisi dell'inconscio. Allo stesso modo intendiamo interrogarci, con un’elaborazione di fantasie personali sugli archetipi in quanto forme primarie di sviluppo della coscienza, manifestazioni simboliche da cui nasce il mito come figura nella quale si incanala e si esprime l'energia dell'anima. ANIMA! cinque paesaggi è una composizione per quattro performer, quattro anime, o animali, nel loro susseguirsi di vite e reincarnazioni per cercare di dare voce all’indicibile attraverso cinque landscape interiori o paesaggi inconsci, trasformarti in immagini che parlano, specchio del mondo in cui viviamo. Il viaggio di ANIMA! toccherà di volta in volta temi come la ricerca di se stessi, trasformata sulla scena in una vera e propria battuta di caccia; la perdita di sé, della percezione del tempo e dello spazio, in cui ci interrogheremo su cosa significa sentirci al di fuori del nostro “io”, perderci nel vuoto; l’imitazione come istinto primordiale dell’essere umano, ma non solo, anche di tutte le creature viventi, come caratteristica necessaria all’evoluzione; il tema del doppio, in quanto ombra che incombe nel rapporto identitario di ciascuno di noi; la morte e la rinascita e infine la vita come rappresentazione, il voyeurismo informatico, la frantumazione del sé nella prolificazione dei mezzi tecnologici e delle possibilità di riproduzione, di ri-prodursi, nel senso non più biologico del termine, ma tecnologico, in un sovraccarico di copie più o meno esatte di noi stessi.

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.