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Tragedia a freddo

Sguardazzo/recensione di "Antigone"

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Cosa: Antigone
Chi: Oscar De Summa, Monica Demuru, Monica Piseddu, Massimiliano Civica
Dove: Prato, Teatro Fabbricone
Quando: 08/12/2019
Per quanto: 90 minuti

Le ripide gradinate del Teatro Fabbricone di Prato sembrano voler catapultare lo spettatore proprio lì, sul palco, in mezzo ai cinque attori che stanno per dare vita all’Antigone, tragedia greca (ri)tradotta, adattata e diretta da Massimiliano Civica.

Dalla muta oscurità si leva un grido bestiale.

Nello scenario a dir poco minimale risalta immediatamente, sul pavimento nero, il rigoroso disegno luci di Gianni Straropoli: un rettangolo luminoso riproduce in scala ridotta il palcoscenico e definisce il perimetro entro il quale gli attori, indossata la maschera, divengono personaggi. Soluzione ingegnosa per delimitare uno spazio altrimenti dispersivo, ma forse statica, a cristallizzare un ambiente senza accompagnare le dinamiche della vicenda. Nascosti dalla penombra, siedono Oscar De Summa, Monica Demuru, Monica Piseddu, Francesco Rotelli e Marcello Sambati, burattini in attesa della scintilla che li farà alzare ed entrare in scena; infine, accasciato a lato del rettangolo, rischiarato in base alle necessità narrative, un fantoccio con la divisa nazi-fascista.

 

Si levano Demuru e Piseddu, rispettivamente nei raffinati abiti novecenteschi di Ismene e Antigone, le due sorelle figlie di Edipo e nipoti di Creonte (Oscar De Summa), nuovo re di Tebe raffigurato come un capo partigiano. Il sin troppo serrato dialogo tra le due spiega il seme da cui matura la tragedia: Creonte ha onorato della sepoltura uno dei loro due fratelli, Eteocle, mentre ha dichiarato indegno l’altro, Polinice, ordinando di lasciarlo illacrimato e insepolto. La decisione del sovrano doveva risultare del tutto logica: Polinice è colpevole di tradimento e sacrilegio, avendo cercato di conquistare Tebe in alleanza con la città di Argo (come riportato in I sette contro Tebe di Eschilo) mentre Eteocle, lancia alla mano, ha difeso le mura. Antigone però vede nei due rivali i suoi fratelli, uguali al cospetto della morte, e decide, pur contro la lucida ragionevolezza della sorella, di seppellire Polinice, il fantoccio.

L’intento di Civica sembra essere non tanto quello di trovare una soluzione definitiva alla querelle su chi abbia ragione tra Antigone e Creonte, ma piuttosto di astrarre la tragedia dalle più varie e marcate interpretazioni critiche proposte nei secoli, riportandola il più vicino possibile al suo archetipo. In questo senso, la scelta dei costumi, che di fatto colloca la vicenda durante la caduta del fascismo, non vuole essere un’attualizzazione, bensì un tentativo di far comprendere al pubblico dei nostri giorni l’atmosfera che la tragedia, svolgendosi al termine di una guerra civile, doveva suscitare all’epoca della sua composizione. Se, però, tale operazione costruisce il contesto, il nero fascista e il rosso partigiano, di fatto,  sottendono un giudizio politico e morale che Civica – ci spiega nel dettagliatissimo programma di sala – vorrebbe estromettere dal suo adattamento.

Ne emerge uno spettacolo che, nella sua asciuttezza, cela un mirabile lavoro sul testo (restituendo una traduzione fedele all’originale tanto nel vocabolario quanto nella musicalità) e che si sforza di portare sulla scena quel δεινός (deinòs), quel “qualcosa di prodigioso” tanto in positivo quanto in negativo, che è l’animo umano con i suoi spigoli e le sue debolezze. Si spengono le luci su un Creonte in preda alla più totale disperazione, un poco meno credibile rispetto all’interpretazione vigorosa che De Summa offre per la precedente ora e mezzo.
Applausi convinti in sala.

VERDETTAZZO

Perché: Sì, oppure no
Se fosse... Una fotografia sarebbe... un ritratto in bianco e nero, bello ma leggermente sfocato

Locandina dello spettacolo



Titolo: Antigone

di Sofocle
uno spettacolo di Massimiliano Civica
con Oscar De Summa (Creonte), Monica Demuru (Ismene, Euridice), Monica Piseddu (Antigone), Francesco Rotelli (Guardia, Messaggero, Emone, Tiresia), Marcello Sambati (Coro)

costumi Daniela Salernitano
fantoccio realizzato da Paola Tintinelli
traduzione e adattamento Massimiliano Civica

produzione Teatro Metastasio di Prato


Il rischio che si corre nel mettere in scena l’Antigone è quello di farsi influenzare da ciò che tutti sappiamo "per sentito dire": il rischio cioè di prestare più ascolto alle interpretazioni critiche, politicamente e ideologicamente orientate, a cui è stata sottoposta quest’opera nel corso dei secoli, che al testo stesso di Sofocle. Per "sentito dire", tutti sappiamo che Antigone, dall’inizio alla fine della storia, è nel giusto, che è una sorta di santa laica che combatte per una nobile causa, mentre Creonte è un tiranno autoritario che commette e vuole solo il male. Ma se così fosse, saremmo davanti ad un melodramma, non ad una tragedia greca. La tragedia mette sempre in scena invece una situazione limite, in cui non è più pacifico dove sia il torto e dove la ragione. La nuova traduzione che è stata approntata del testo mette in luce il fatto che Sofocle accomuna Antigone e Creonte in una identica colpa: quella di avere la presunzione di essere eccezionali, di essere migliori di tutti gli altri, ovvero di essere, per intelligenza e qualità umana, "fuori dalla norma". Il loro destino tragico è stabilito dal loro carattere superbo e dalla loro incapacità di dare ascolto alle ragioni degli altri. E il messaggio sconvolgente e attualissimo che l’Antigone fa risuonare oggi, grazie alla capacità che ha un classico di generare significati sempre contemporanei, è che è proprio il carattere che hanno le persone che svolgono un ruolo pubblico ad essere una questione di tremenda rilevanza politica ed interesse comunitario. Sofocle ci suggerisce che, al di là dell’essere "di destra o di sinistra", è il carattere superbo dei leader politici che rischia di procurare danni al bene comune.

Elena Modena
Colleziona ipotesi su cosa sia l'informatica umanistica.