Bisanzio, tra tavola e mistero

Sguardazzo/recensione di "La bastarda di Istanbul"

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Cosa: La bastarda di Istanbul
Chi: Serra Yilmaz, Valentina Chico, Riccardo Naldini, Diletta Oculisti, Fiorella Sciarretta, Angelo Savelli
Dove: Carrara, Nuova Sala Garibaldi
Quando: 09/03/2016
Per quanto: 150 minuti

Meriterebbe l’odorama (accorgimento per rendere i profumi al cinema, roba di qualche anno fa) la traslazione in scena del romanzo di Elif Shafak (La bastarda di Istanbul, Rizzoli, 2006) da parte di Angelo Savelli: un avvolgente aroma di caffè nero, misto all’intenso bouquet dolce-pungente delle spezie, dovrebbe invadere l’ampia Nuova Sala Garibaldi di Carrara. E odore di cellulosa, carta, colla, il peculiare e inconfondibile mélange reso alle narici dai libri “veri”, in epoche antecedenti i formati elettronici.

Portare in scena un romanzo è, da sempre, sfida impervia, ma entusiasmante: implica riscrittura, reinvenzione, capacità creativa ed efficace di dar vita a una nuova e distinta opera d’arte. E non è casuale la dedica implicita di Savelli a Luca Ronconi, autore d’una versione scenica del Pasticciaccio di Gadda che resta pietra miliare in tal senso (come la versione televisiva firmata da Giuseppe Bertolucci). Risalire dalla realtà d’una forma allo spirito di un’opera per poi tradirlo, nel senso di tradurlo, in un’altra materialità che rispetti la forma di destinazione. Come dire: il romanzo ha da esser letterario, uno spettacolo teatrale, assunto lapalissiano quando affatto insidioso.

La bastarda di Istanbul_ph E.Gallina_IMG_1268La prima parte di messinscena è occupata dai personaggi: parlan di sé in terza persona, rivolti al pubblico, a mo’ di concerto vocale (nelle interviste, la protagonista Serra Yilmaz parla di sinfonia al femminile), quasi a far capolino direttamente dalle pagine. Storia d’una casa tutta al femminile, dominata dalla presenza matronale di Fiorella Sciarretta e, soprattutto, dalla veggente interpretata da Yilmaz stessa. È lei, ovviamente, l’anima dello spettacolo, presenza sapiente e laterale in grado di sospendere il racconto, quando, nella seconda metà, si passa dalla narrazione polifonica a una drammaturgia più convenzionale. Da sempre, in teatro e non solo, chi vede (o non vede: pensiamo a Edipo) costituisce elemento cardine, stia o meno dentro la storia.

La bastarda di Istanbul_ph E.Gallina_MG_1883Romanzone, questa saga bizantina, ad abbracciare virtualmente i decenni di una famiglia e di un paese, anzi più d’uno, giacché sullo sfondo aleggia lo spettro del genocidio armeno, ferita nera e tuttora irrisolta nella coscienza nazionale turca, nonché l’emigrazione verso gli Stati Uniti da parte dell’unico, malcapitato/malcapitante (non diremo perché), maschio della combriccola, il Mustafà interpretato da Riccardo Naldini. Il coro muliebre è articolato: svetta, e non tanto per la presenza, Valentina Chico, sorella dell’uomo e madre di Asya (Diletta Oculisti) la bastarda, a rappresentare una generazione turca che mira a ovest del Bosforo, stanca dei cascami religiosi e dell’eredità ottomana. La donna, con Mustafà, sarà l’altra chiave del “mistero” d’una trama che è mera scusa per una narrazione imponente, buddenbrookiana, e che l’allestimento ha il raro merito di presentar con grazia, umorismo, al punto d’invogliare a leggere il libro. Poco importa, infatti, se nelle due ore e mezza di recita affiora qualche incoerenza: è bella la scenografia tutta elettronica di Giuseppe Ragazzini, benché il passaggio dal mimetico all’evocativo non paia sempre fluido (e la sequenza filmica del bar sembri un effettaccio); la recitazione, nel complesso, non sempre è a fuoco e, forse, il drammaturgicamente corretto slittamento narrazione/azione può non aiutare tutti gli interpreti.

Nondimeno, se ci si presta all’incantamento cui ci invita Yilmaz, si resta avviluppati e a quella tavola sempre opulenta d’aromatiche delizie (peccato non siano pietanze vere, ma non siam più ai tempi di Luchino Visconti) sembra di sedere, da imbucati, pure noi.

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VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... uno strumento musicale sarebbe... un modello economico ed elettrificato di liuto turco antico

Locandina dello spettacolo



Titolo: La bastarda di Istanbul

dall’omonimo romanzo di Elif Shafak
(traduzione di Laura Prandino – Ed. Rizzoli)
riduzione e regia di Angelo Savelli
con Serra Yilmaz e Valentina Chico, Riccardo Naldini, Monica Bauco, Marcella Ermini, Fiorella Sciarretta, Diletta Oculisti, Elisa Vitiello
video-scenografie di Giuseppe Ragazzini
produzione Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi


La giovane Asya è una bastarda. Nessuno nella sua casa di Istanbul - un gineceo popolato di mamme, zie e nonne - le sa dire o le vuol dire chi è suo padre. L'unico uomo di casa, lo zio Mustafa, è da tempo emigrato in America. Rose è una donna americana sposata a un immigrato armeno discendente da una famiglia scampata all'eccidio del 1915. Una famiglia talmente invadente che Rose, pur avendo una figlia, divorzia e si risposa, per ripicca, con un turco: Mustafa. Qualche tempo dopo Armanoush, la figlia di Rose, decide di andare di nascosto ad Istanbul, presso la famiglia del patrigno, per ritrovare le proprie radici armene. Frequentando la cugina Asya, la sua famiglia e i suoi amici, si accorge di non odiare affatto i turchi. Le due ragazze, divenute amiche, scoprono insieme il segreto che lega il passato delle loro famiglie e fanno i conti con la storia comune dei loro popoli. Elif Shafak, indiscussa protagonista della letteratura turca, affronta con maestria e coraggio un tema ancora scottante per la coscienza del suo Paese: la rimozione di quegli eventi che esattamente cento anni fa aprirono l'annosa e irrisolta questione armena. Angelo Savelli, grazie alla convinta adesione dell'autrice e contando sull'interpretazione, al tempo stesso ironica ed appassionata, di Serra Yilmaz, porta sulla scena questa meravigliosa saga inter-etnica, sperimentando una drammaturgia epica, dove i personaggi si raccontano in terza persona, e impaginandola nelle immaginifiche video-scenografie di Giuseppe Ragazzini.

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.