Come una lucciola: Pasolini on stage

Sguardazzo/recensione di "Calderòn"

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Cosa: Calderòn
Chi: Federico Tiezzi, Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi, Camilla Semino Favro, Lucrezia Guidone, Debora Zuin
Dove: Bologna, Arena del Sole
Quando: 12/05/2016
Per quanto: 135 minuti

Perseverando nel fortunato proposito di messa in scena di pietre miliari della scrittura europea, dopo Proust, Schnitzler e Pirandello, Federico Tiezzi punta su Pasolini. Scrittore, sceneggiatore, regista, poeta, critico, intellettuale del nostro Novecento, tragicamente scomparso, PPP non necessita di presentazioni; tra i suoi interessi, anche la drammaturgia, necessariamente tragica. Quelle dell’autore sono tragedie nel tempo dell’impossibilità del tragico, schiaffi provocatori alla cultura e alla società. Tiezzi, audacemente, sceglie Calderón, unica pièce ad essere pubblicata con l’autore vivente; per la stesura dell’opera Pasolini fu ispirato da La vita è sogno di Calderón de la Barca, di cui ripropone la struttura tripartita e i personaggi, collocando i fatti nella Spagna franchista. È il 1967, ma il Prologo si rivolge consapevolmente agli spettatori del futuro.

Ben due Teatri Nazionali, quello di Roma e quello della Toscana, partecipano a questa rara operazione. Il regista punta sulla dimensione onirica e sospesa dell’opera, affidando al suo storico compagno di scena e primattore Sandro Lombardi (curatore della drammaturgia assieme a Fabrizio Sinisi e allo stesso Tiezzi) i ruoli di Basilio Re e dello Speaker. Il sogno non è, però, solare e la sospensione non è frutto di leggerezza: la scena oscilla piuttosto tra stordimento oppiaceo e impossibilità d’azione. La violenza, la coercizione psicologica tiene sotto scacco Rosaura, nel corso dei suoi tre successivi risvegli interpretata da tre diverse attrici: Camilla Semino Favro, Lucrezia Guidone, Debora Zuin.

calderon - foto Achille Le PeraLe scene di Gregorio Zurla concorrono ad acuire il senso di soffocante oppressione esercitato dal Potere sulla visionaria protagonista, mai dentro i propri panni, sempre fuori luogo, radical-chic che cerca evasione nell’esotico del pensiero (innamoramento per Sigismondo, per Pablito, per il rivoluzionario), e la trova nella follia e nel rifiuto, finanche del linguaggio. Rosaura è schiacciata dall’alta, scura e pesante parapettata di una fortezza-prigione che dello sfarzo del palazzo reale non conserva nulla; meravigliosi i riferimenti alla pittura di Diego Velàzquez nel primo “quadro”. Il lento calare in scena di un abito, quello dell’infanta Margherita, grazie all’orchestrazione delle luci di Gianni Pollini, arricchito dalla plasticità dei personaggi, culmina in un tableau vivant di rara e  delicata raffinatezza. Suggestione che viene poi meno nelle due “zone” successive dello spettacolo, in cui neon e spostamenti modulari della scena rimandano all’universo del già visto.

L’interpretazione scenica di Tiezzi, infatti, divide la tragedia in tre parti-spazi: Storia, Natura e Pensiero. Delle tre, solo la prima ci è sembrata magistralmente risolta, carica di un repertorio di intuizioni sceniche non sostenute nei segmenti successivi: dai movimenti biomeccanici degli attori all’uso delle dissolvenze, dai riferimenti all’universo del cinema delle origini fino al surrealismo della mimica truccata dei personaggi. È ancora il primo risveglio, non a caso, a regalarci gli assoli di Piazza/Sigismondo, il personaggio che più ricorda l’autore stesso, sguardo triste di biacca bianca ed euforia di un clown alla Dalì, o, ancora, quello di Lombardi/Basilio, alla presenza di Francesca Benedetti/Donna Lupe, aggressivi rinoceronti del pittore catalano.
Tuttavia il primo quadro, La Storia, da Velazquez a Dalì, è un delicato, prezioso disegno su un foglio di carta minacciato dal bicchier d’acqua rovesciato sulle altre due parti, ripetitive per composizione drammaturgica, ma che scenicamente necessiterebbero di sfrondature.
In definitiva, il Calderón di Tiezzi-Lombardi è, per il momento, un orologio disciolto, una superficie incantevole per via di ponderata scivolosità; eppure il lavoro di “riattivazione” avrebbe dovuto essere meno rispettoso e più incisivo. Poeta e Mostro del nostro Novecento, per niente sacro, Pasolini va aggredito, inciso ancora, affinché parli oggi a noi spettatori contemporanei. Tiezzi potrebbe aver riportato, almeno a teatro, le lucciole, e ci auguriamo che non le lasci scomparire…

Calderon Sandro-Lombardi-foto-di-Achille-Le-Pera3

 

VERDETTAZZO

Perché: Sì, oppure no
Se fosse... un odore sarebbe... quello dell'umidità

Locandina dello spettacolo



Titolo: Calderòn

di Pier Paolo Pasolini
regia Federico Tiezzi
drammaturgia di Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzi
con (in ordine di apparizione)
Sandro Lombardi, Camilla Semino Favro, Arianna Di Stefano
Sabrina Scuccimarra, Graziano Piazza, Silvia Pernarella, Ivan Alovisio
Lucrezia Guidone, Josafat Vagni, Andrea Volpetti, Debora Zuin
e con la partecipazione straordinaria di Francesca Benedetti
scene Gregorio Zurla
costumi Giovanna Buzzi e Lisa Rufini
luci Gianni Pollini
movimenti coreografici Raffaella Giordano
canto Francesca Della Monica
assistente alla regia Giovanni Scandella
foto di scena Achille Le Pera
la canzone “Ahi desesperadamente” è stata appositamente musicata da Matteo d’Amico


di Pier Paolo Pasolini regia Federico Tiezzi drammaturgia di Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzi con (in ordine di apparizione) Sandro Lombardi, Camilla Semino Favro, Arianna Di Stefano Sabrina Scuccimarra, Graziano Piazza, Silvia Pernarella, Ivan Alovisio Lucrezia Guidone, Josafat Vagni, Andrea Volpetti, Debora Zuin e con la partecipazione straordinaria di Francesca Benedetti scene Gregorio Zurla costumi Giovanna Buzzi e Lisa Rufini luci Gianni Pollini movimenti coreografici Raffaella Giordano canto Francesca Della Monica assistente alla regia Giovanni Scandella la canzone “Ahi desesperadamente” è stata appositamente musicata da Matteo d’Amico

Chiara Schepis
(non) qualificata fotografa di "scene" con la penna rossa.