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Feroce mattanza in endecasillabi siciliani

Sguardazzo/recensione di "Otello"

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Cosa: Otello
Chi: Luigi Lo Cascio, Vincenzo Pirrotta
Dove: Pisa, Teatro Verdi
Quando: 07/02/2015
Per quanto: 110 minuti

«Quel fazzoletto che amavo tanto, e che ti avevo donato, tu lo donasti a Cassio».

Nasce dal buio l’Otello di Luigi Lo Cascio, un’oscurità claustrofobica miasmatica dalla quale riesce a liberarsi, a sorgere, il niveo fazzoletto dono a Desdemona. Lontani da Venezia scivoliamo immediatamente in una Sicilia distopica, distorta, senza tempo, popolata da ombre che si allungando sui personaggi divorandone i corpi, dove l’onirico si anima traducendosi in morbo che penetra la pelle e scava nella mente. La narrazione si serve di proiezioni, create da Nicola Console e Alice Mangano, si affida al gioco metaforico lasciando che sia l’immagine a rinchiudere l’uomo.

Arriviamo alla fine della storia, in ritardo, quando ormai tutto è già stato compiuto: Otello è morto, Desdemona uccisa, l’unico che ancora vive è Iago (Luigi Lo Cascio). Sotto tortura viene costretto a confessare cosa lo ha spinto a scatenare la follia del prode guerriero. Oltre a lui, il suo aguzzino (Giovanni Calcagno), un soldato che per stima e rispetto nei confronti del generale vuole raccontarne la storia, perché non venga distorta, perché Otello sia ricordato con l’onore che gli spetta. Non spiamo quindi, protetti della penombra della platea, la storia del Moro shakespeariano, ma siamo i diretti ascoltatori.

Otello (Vincenzo Pirrotta) è furioso, incontrollabile eccessivamente mediterraneo, inserito in una dimensione che vuole lui uomo bestiale e lei, Desdemona (Valentina Cenni), ingenuo fiore delicato, vittima di un amore tanto grande da non riuscire a trovare le parole per descriverlo. L’opposizione tra i due non si serve, come nel testo originale, del colore della pelle, nero lui e candida lei: la tragedia viene filtrata, vista attraverso gli occhi di una Sicilia dove è ancora concesso il delitto d’onore. L’endecasillabo siciliano, caustico e feroce, di lui si scontra con la perfetta dizione di un’angelicata lei.

'Otello', Luigi Lo Cascio (ph da ert.it) 2Lo Cascio taglia i personaggi, scarnifica il testo arrivando ad avere sul palco soltanto quattro attori, facendo presagire l’ombra di Cassio aggirarsi in un fuori scena non troppo distante. Amplifica la dimensione psicologica cercando di scavare più a fondo gli stadi di follia, la discesa nel gorgo della gelosia uxoricida. Otello brucia e Iago non fa che alimentare gradualmente il rogo. Ma è proprio nella resa di Iago, del suo Iago, che Lo Cascio regista approfondisce questa ricerca nell’intimo; l’Onesto si confessa rincorrendo le sue logiche in un’infanzia morsa  dai rancori verso una madre adultera che non è mai stato in grado di perdonare.

La tragedia si compie, Desdemona muore tra le mani del suo amore, per le mani del suo amore. Il narratore conclude il racconto, ma la messa in scena, invece, si protrae con una sorta di finestra verso un’altra dimensione, quella dell’Orlando Furioso, verso la luna ariostesca alla ricerca del perduto fazzoletto di Orlando/Otello. Svanisce la cifra stilistica propria di quello che era stato lo spettacolo, così come la componente narrativa della luce, la sua dimensione psicologica: subentra il cielo stellato con il suo pallido e malinconico sasso. Otello vaga per il palco, vittima di una sorta di inspiegabile lobotomia che ne affoga il carattere e spegne definitivamente il rogo, si aggira romanticamente demente, dimentico di tutto quel che è stato: «L’amuri è nu cielu stellatu. Talìa che strazianti, miravigghiusa biddizza, u firmamentu».

Vincenzo Pirrotta, Luigi Lo Cascio, 'Otello' (ph da piccoloteatro.it)

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un libro sarebbe... "Se una notte d'inverno un viaggiatore", di Italo Calvino

Locandina dello spettacolo



Titolo: Otello

Otello
di Luigi Lo Cascio
liberamente ispirato a Otello di William Shakespeare
regia Luigi Lo Cascio
scenografie, costumi e animazioni Nicola Console e Alice Mangano
musiche Andrea Rocca
luci Pasquale Mari
con Vincenzo Pirrotta e Luigi Lo Cascio, Valentina Cenni, Giovanni Calcagno
produzione Teatro Stabile di Catania, E.R.T. Emilia Romagna Teatro Fondazione


Riparte dall’Otello di Shakespeare la fervida ricerca di Luigi Lo Cascio, artista raffinato che ama le sfide, capace di parlare con profondità e immediatezza al grande pubblico, a teatro come nel miglior cinema italiano. Qui è Iago accanto all’Otello di Vincenzo Pirrotta, in un adattamento quasi interamente in dialetto siciliano della tragedia del Bardo.

Ma è, fin dalle intenzioni, un altro Otello quello che sarà presto da “aggiungere alla mappa topografica sterminata della città infinita che raccoglie le varianti, le trasposizioni, i calchi di questa tragedia candidamente misteriosa”. Come precisano le prime note di regia, questa nuova “via” della mappa punta al centro pulsante del capolavoro shakespeariano, sfrondato dai preamboli di una vicenda universalmente nota, per privilegiare lo scavo di quell’enigma che risiede al fondo di certe passioni umane. Ci si concentra, perciò, sul carattere individuale del dramma, e con “prudenza e devozione nei confronti del modello” si lavora a un nuovo soggetto teatrale, estremamente rispettoso per i debiti verso l’opera originale ma libero nel rileggere con sguardo retrospettivo la vicenda narrata da Shakespeare. Dubbi, contraddizioni, debolezze e una straziante solitudine sono, secondo Lo Cascio, la vera trama di questa tragedia dell’amore, i cui fi li emergono in trasparenza anche negli esordi dolci della relazione, quando ancora trionfano gli entusiasmi dei primi abbracci, delle prime confidenze. Ci sono domande tremende, essenziali e senza tempo, racchiuse nelle parole dei più grandi poeti. Otello, ci dice Lo Cascio, ce ne pone almeno tre: “Aldilà del tiro infame che l’onesto Iago gioca ad Otello, è solo una serie di parvenze e malintesi il nostro universo di relazioni? Davvero anche l’amore è puro abbaglio? È forse connaturato alle passioni più travolgenti il fatto di racchiudere, nel loro cuore più intimo e sconosciuto, una luce sinistra, lama affi lata che ustiona gli occhi e acceca la mente consegnandola prima al tumulto, poi al furore?”.

Gemma Salvadori
Nata a Volterra nell'inverno del 1992, vive lì, studia a Pisa. Sogna di vivere in un attico con un cane e quattro gatti: tutto molto bello ma davvero poco interessante. Fuma e scrive su un' agenda bancaria più vecchia di lei rivestita con la carta da parati della nonna del suo vicino di casa.