Una scena vuota e buia nel suggestivo spazio teatrale del Real Collegio di Lucca, solo corpi liberi in movimento con l’iniziale brusio di due attori tra il pubblico, quasi a voler indicare l’origine dell’idea dal mondo. L’azione è scandita da suoni ripetitivi e regolari, ma anche disordinati e coinvolgenti. La luce e i frammenti di testi proiettano lo spettatore in una dimensione onirica tutta da ricostruire. Il ritmo delle sequenze è dotato di un equilibrio che richiama sensazioni piacevoli e ancestrali, come il cupo e profondo battito di un cuore pulsante.
L’incedere dei cinque corpi dei danzatori rievoca l’uomo nella sua vita frenetica di incontri e scontri con gli altri e nella sua ricerca ossessiva di libertà. Una ricerca che pone interrogativi aperti a cui ciascuno può dare la propria risposta per completare i frammenti di un mosaico di idee che non possono avere una dimensione univoca. Non si tratta di una narrazione né di un canovaccio precostituito, ma di una storia tutta da scrivere in cui attori e spettatori, legati indissolubilmente, si completano a vicenda in una dimensione di dipendenza o di interscambio come tra parlanti ed ascoltatori. L’uso del silenzio e del buio, dell’incedere ritmico e sonoro delle parole con sfumature di luce sono una soluzione ideale per ribadire il concetto di una ricerca di libertà che non passa necessariamente attraverso i codici formali e che non può essere solitaria nell’incessante incontro-scontro con l’altro.
L’idea sembra quella di voler superare i confini tangibili di un mondo apparentemente caotico e disordinato, ma che, sempre più spesso, ci attribuisce “un posto”, “un indirizzo” o “una dimensione” cui non possiamo sottrarci. I movimenti dei corpi si proiettano sullo spazio scenico e rendono l’idea della dinamicità e dell’insito equilibrio della vita in perfetta sintonia con la luce e il suono, anche se talvolta le sequenze ripetono i concetti con diverse prospettive e lo spettatore rischia di perdersi. Ciascun danzatore ha una sua identità motoria, in cui si sente a suo agio e che permette all’altro o al gruppo di riconoscerlo dandogli il suo spazio vitale. È come essere catapultati in un mondo virtuale dove guardando l’altro si trova un riferimento autentico, per essere condotti, al di là delle apparenze, ad una dimensione assoluta di libertà, di free spirit.