Quando Marco Baliani scrisse insieme a Mario Bianchi la fiaba di Frollo, in una notte di allegro sbevazzamento, lo circondavano sensazioni negative, come scrive anche lo stesso autore nelle note di regia Appunti di percorso. Scrittura e creazione nascono qui come lotta contro forze che cercano di imprigionare la personalità umana per assoggettarla all’imposizione di nuovi valori in nome del consumo. Sono passati quasi vent’anni dalla trasmissione in diretta su Rai Radio 3 Suite di questo spettacolo e oggi ritorna più che mai attuale.
La trasfigurazione di questi concetti moderni all’interno del patrimonio fiabesco conduce l’opera al di fuori del teatro, facendosi sin da subito portavoce universale di un’arte -quella del narrare- capace di affascinare eternamente l’uomo da sempre raccontatore, favolista, cantore, cantastorie ma anche assiduo ascoltatore.
La narrazione si fa teatro e la fantasia si traduce in realtà. In scena le parole prendono corpo diventando verità. Le corde sensoriali della vista, dell’udito e del tatto toccate da Baliani obbligano spettatori e spettatrici a immaginare, palpare la morbida e setosa frolla, percepire la fame, la disperazione, e ricordano, attraverso l’emozione viva di un bambino di panpepato, la bellezza stupefacente del “dono” dell’esistenza.
E così, seguendo il flusso della parole che s’incontrano con la creatività del corpo, l’avventura di Frollo inizia in una notte di tempesta, in una periferia all’estremo delle periferie, dalle mani lavoratrici di Agata e Augusto. Quando nel paese arriva Girmi, il figlio del Re, avido e ingordo, divoratore incontrollato di qualsiasi cosa vivente e non, la sfida sarà quella di cercare il magico Verduzzio in potere di sconfiggere questo male e riportare i genitori del nostro protagonista alla libertà.
Il viaggio educativo di Frollo, che ricorda quello di Pinocchio com’anche la storia dell’Ometto di Panpepato, attraversa delle tappe caratterizzate da numerosi incontri. Queste non sono altro che prove: il piccolo protagonista ha il cuore dolce e buono, pronto a sacrificarsi per il bene degli altri, e forse è nato proprio per questo, in lui non c’è cattiveria e nemmeno quella furbizia egoistica che lo metterebbe nei guai. Frollo è quasi cavalleresco e come il fantomatico guerriero saraceno Ruggero è spesso succube degli eventi, trascinato al suo destino. La storia di Frollo corre al passo dell’antropofagia e infatti ogni personaggio, o per pena o per costrizione, data la sua bontà, se ne prende un “pezzo”. Legato alla tematica mangereccia è l’episodio fortemente ironico del piccolo di aquila che in assenza della madre, preso dalla fame, chiede la carità a Frollo che con pietà concede le sue braccia.
Alla fine di questa storia avventurosa e coraggiosa i valori di una comunità si mascherano nell’agire del singolo e tutto si esaurisce nel Tempo, un tempo presente, custode di queste storie, passate e presenti, facendo riaffiorare in noi, uomini dormienti e sopiti, l’impulso ad adoperarsi. Questo è il punto di vista dominante per tutta l’opera. Così Baliani, in scena, seduto sulla sua sedia “parlante”, segno rivelatore di un teatro che attinge dell’esperienza quotidiana, portavoce di una narrazione familiare, interpreta e caratterizza ogni singolarità, ironizza, alza e abbassa di valore con un ritmo implacabile e impeccabile. L’opera fiabesca mista al lavoro attoriale di Baliani incuriosisce ed emoziona creando soprattutto nei piccoli spettatori in prima fila la voglia di inserirsi e immergersi, e nei grandi, una potente riflessione sul presente mista a tanta nostalgia per un passato spensierato e avventuroso.