È scelta non facile per una giovane compagnia qual è Normagna Teatro la messinscena di un testo granitico e assai poco di moda come Santa Giovanna di Shaw.
Lui, il Giorgio Bernardo, geniale quanto prolisso, aveva impiegato qualche decina di pagine nella prefazione originale per assicurare i lettori della sua buona fede; cioè della coerenza del racconto alla vera storia della pulzella d’Orleans. Loro, i Normagna Teatro, impiegano meno di cinque righe per spiegare nelle note di regia il senso della riduzione drammaturgica operata; e annunciare al contempo che lavorare oggi su questo testo significa riflettere e far riflettere sulle forze che ancora hanno facoltà di sopraffare e portare alle più atroci violenze: l’intolleranza religiosa e la ragion politica.
Ciò che vediamo in scena è per l’appunto una sintesi astratta di tali forze: due alte pareti scure dalla superficie crespata, contrasti cromatici stridenti, sibili e rumori a raffica da far venire i brividi, abiti dalle tonalità luttuose o argentee (scene e costumi sono disegnati dalla brava Rita Agliata, con un occhio alle superstiti fotografie del primo allestimento di Georges Pitoeff, datato 1923). E per 90 minuti buoni ci stupiamo che del dramma in sei quadri di Shaw (o chronicle play, come dichiara il titolo) non manchi quasi nulla; o meglio non manchi nessuno dei personaggi che tentano di dissuadere Giovanna – apparsa in sogno all’imbelle Carlo VII – dal proposito di risorgere, preoccupati dall’idea di averla di nuovo in circolazione. Agli attori non manca l’allenamento per reggere le estenuanti tirate previste dal testo (pure inevitabilmente sforbiciate): la recitazione è schietta, un po’ generica talvolta, più che altro nel caso dell’Arcivescovo, sbozzato, più che scolpito, da Valerio Ventuale. Nel ruolo principale (che fu di Emma Gramatica e che Ronconi affidò decenni orsono alla Asti, unica ed eccezionale professionista in un cast di matricole) la carismatica Siria Giordana è invece seria e degna (fin troppo) come l’avrebbe voluta Shaw, portavoce di una visione eroica e integerrima, e per questo fatalmente condannata al fallimento.
Visione che gli spettatori del restaurato Teatro Guarattelle di Tremoleto hanno accolto tiepidamente, mercoledì 17 dicembre 2014.