Il Lear e la perdita di sé

Sguardazzo/recensione di "Lear"

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Cosa: Lear
Chi: Roberto Bacci, Stefano Geraci, Silvia Pasello
Dove: Pontedera (PI), Teatro Era
Quando: 30/03/2016
Per quanto: 120 minuti

Nell’anno del quattrocentesimo anniversario della morte del Bardo, Roberto Bacci mette in scena presso il Teatro Era di Pontedera, in prima assoluta, una sua  versione dell’opera shakespeariana King Lear (realizzata insieme con Stefano Geraci, autore della traduzione e dell’adattamento).

«Cosa succede quando ci si toglie la maschera e si esce dal proprio personaggio sociale e familiare?»: è intorno a questa domanda che si sviluppa il Lear di Bacci, uno spettacolo il cui protagonista è un sovrano (interpretato intensamente da Silvia Pasello) che rinuncia alla propria corona e al proprio ruolo decidendo di dividere i propri possedimenti tra le tre figlie, Goneril (Caterina Simonelli), Regan (Silvia Tufano) e Cordelia (Maria Bacci Pasello), in proporzione alla loro capacità di dimostrare amore al padre. Conseguenza di questa decisione sarà l’avidità delle prime figlie e l’abbandono dell’ultima che non vuole cedere all’adulazione. Ottenuto il potere, le figlie si allontaneranno dal padre. Troviamo qui il primo segno evidente del tema che costituisce l’intera opera, il vuoto, che in questo caso si manifesta nel passaggio da una generazione all’altra, in cui quella più giovane non riconosce più il ruolo di guida a quella che la precede.
Ma intorno al vuoto si sviluppa tutto il testo, anche nelle intenzioni originali di Shakespeare che lo scrisse ispirandosi al termine tedesco Leer che significa appunto “vuoto”.
Parallelamente alle vicende di Lear procede la storia del conte di Gloucester, che vive qualcosa di simile nel momento in cui il figlio naturale Edmund lo inganna facendogli credere a un complotto organizzato contro di lui dall’erede riconosciuto Edgar. Lear e Gloucester si ritrovano, vecchi e soli, abbandonati in un vuoto che li circonda e li sovrasta, alla ricerca di se stessi, scoprendo, infine,  gli inganni orditi alle loro spalle.

Lear2Nelle vesti del re non più re, Silvia Pasello dà vita a un Lear emozionante, con la sua regalità ormai stanca e una forte dignità nelle traversie. Con questo Lear-donna viene reso ancora più evidente il ruolo universale rappresentato dal personaggio della Pasello.
Nondimeno, il Gloucester interpretato da Francesco Puleo, è un personaggio-icona, che riporta alla mente la tragedia greca nel modo in cui affronta la sua cecità, accetta il suo destino e comprende i propri errori. La tragedia greca è richiamata anche dalla presenza di un coro muto di figure in maschera, ibridi a metà fra il personaggio e ciò che di esso ne è stato.
A incorniciare l’opera vi è l’impianto scenografico, creazione di Márcio Medina, agito dall’interno dagli stessi interpreti: sette teli paralleli che attraversano il sipario e modificano la scena attraverso giochi di luci e il continuo movimento.

(di Noemi Spasari)

 

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un tessuto sarebbe... tyvek

Locandina dello spettacolo



Titolo: Lear

da William Shakespeare drammaturgia Stefano Geraci regia Roberto Bacci Con Maria Bacci Pasello, Michele Cipriani, Savino Paparella, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Caterina Simonelli, Tazio Torrini, Silvia Tufano Assistente alla regia Francesco Puleo Progetto scene e costumi Márcio Medina Musiche originali Ares Tavolazzi Luci Valeria Foti, Stefano Franzoni Produzione Fondazione Teatro della Toscana Roberto Bacci, dopo le varie versioni di Amleto continua il suo confronto con i testi shakespereani, con Lear, dove, con la drammaturgia di Stefano Geraci, rivisita, scompone, smonta pezzo per pezzo il dramma di Shakespeare, per mostrare il crollo delle certezze quotidiane. Lear si toglie la corona che teneva unito il suo regno. Lascia l’eredità alle figlie: tutto “crolla”, fino alla fine. «Dietro queste due righe è nascosta la trappola che racchiude molte domande che ci riguardano da vicino. La nostra opera: smontare pezzo per pezzo questa “trappola” per comprenderne lo straordinario funzionamento, mostrarne la costruzione e la dinamica, affrontare le domande che in essa sono nascoste, al di là della storia che ci racconta. Che cosa ci accade quando ciò che ci tiene uniti alle nostre certezze “crolla” dentro di noi? Che cosa diventa il nostro regno quotidiano quando il “nostro” Re lo abbandona? Il tradimento, l’ipocrisia, la fame di potere ci trascinano verso il disordine di uomini addormentati. Il “nostro Re”, che un tempo era il centro della nostra esistenza, oggi vaga, impazzito nel deserto della propria tempesta» (Roberto Bacci)