Il Teatrino dei Fondi è gremito, l’attesa è palpabile, scorre sotto la pelle dei rappresentanti delle istituzioni presenti. Siamo onorati di poter assistere a uno spettacolo del genere. L’idea è tratta dalla vita e dalle pagine di Anna Politkoskaja, la protagonista è un’attrice di prim’ordine, Ottavia Piccolo. Al suo fianco pizzica le corde dell’arpa Floraleda Sacchi. La regia è di Silvano Piccardi, il testo di Stefano Massini, drammaturgo fiorentino recentemente succeduto a Luca Ronconi per la conduzione del Piccolo Teatro di Milano.
Le luci si spengono, tutto è pronto. L’attesa, finalmente, si scioglie. L’attrice entra in scena vestita e pettinata da Anna Politkoskaja. Le luci sono basse, forse troppo, al limite della regolarità. I delegati UEFA assisi in tribuna sembrano tranquilli, la partita si giocherà ugualmente.
La musicista percuote l’arpa, in altri momenti la pizzica dolcemente. L’attrice si esibisce in splendidi colpi di tacco, fraseggi e passaggi filtranti: lo spettacolo non manca.
A mancare è, piuttosto, la competizione.
Da anni vi parliamo dai teatri di ognidove, e mai ci siamo imbattuti in una cosa del genere.
Ma, attenzione! Una rovesciata inattesa manda il pallone in rete. Gol! Solo in pochi, però, esultano. Segniamo sul nostro taccuino il risultato che cambia, ma restiamo perplessi. Ci pare un’esibizione, una splendida esibizione, da far vedere nelle scuole, nulla più. Gli stop sono perfetti, ottimi gli schemi, belli e ben coordinati i movimenti difensivi, non riusciamo a vedere, però, la partita, la gara. Doveva essere uno spettacolo, era molto atteso, ma non riusciamo a scorgere l’agonismo. Le squadre si alternano nelle azioni offensive, ma il risultato è già chiaro. Sarà un pareggio. Difficile fare la cronaca di un pareggio annunciato.
Ci sforziamo di essere professionali, ma ci riesce sempre più difficile. Voliamo col pensiero a sfide d’altri tempi, ma anche ai campetti di provincia dove questo sport è ancora vivo. Dove il sudore è ancora sudore, dove le scivolate lasciano il segno dei tacchetti sulle gambe, dove la sconfitta brucia e la vittoria esalta, dove ha ancora senso la presenza di un arbitro, di un pubblico e di un cronista.
Nel vortice del bel gioco si perdono i contorni, appare purtroppo secondario il fatto che nello spettacolo si susseguano numerosi interventi giornalistici della Politkoskaja. La storia di una donna che ha voluto semplicemente raccontare la realtà e che ha pagato con la vita il prezzo del suo coraggio avrebbe dovuto essere restituito dal monologo, che non è altro che una raccolta di suoi articoli; ma il risultato non convince.
Le luci si accendono di nuovo, lo spettacolo è finito, il pubblico applaude estasiato, qualcuno trattiene singhiozzi di commozione. Ci guardiamo intorno e ci sentiamo sbagliati, fuori luogo, inadatti. Usciamo dal teatro con l’amaro in bocca. A pochi passi, c’è un campetto di provincia dove ogni domenica la squadra degli amatori del Corazzano combatte battaglie degne di nota. Da qualche parte, in una stanza o in un teatro freddissimo, alcuni giovani cercano di fare onore all’arte. Con umiltà e tanto coraggio. Pensiamo a loro, e l’amaro si fa meno amaro, il dolore meno dolore. Lo spettacolo più bello del mondo non morirà.