Sipario aperto, fondo nero, alcuni pancali in giro, un attaccapanni carico di cappotti, uno stand ricolmo di vestiti. Questa la scenografia della messa in scena della compagnia Borgobonò per In ogni caso nessun rimorso.
All’arrivo, gli spettatori sono invitati ad accomodarsi su una tribuna allestita direttamente sul palcoscenico, spalle alla platea. Un signore dall’aria rispettabile fa il suo ingresso. Si presenta, raccontando direttamente alle persone che si trovano di fronte a lui come ha conosciuto Jules Bonnot, un ragazzo, un operaio. Ne definisce alcuni tratti, fornisce un’idea per poi lasciare spazio al protagonista. Bonnot, corpo e sostanza, compare. Gradualmente, vanno a comporsi gli episodi della sua vita irrequieta e tormentata, dalla prima condanna fino alla morte. Lo spettacolo affonda le sue radici nel romanzo di Pino Cacucci In ogni caso nessun rimorso, in cui lo scrittore delinea la figura di Bonnot raccontando tutti gli episodi che lo hanno portato ad essere il nemico pubblico di Parigi.
Tre soli attori: i ruoli si alternano, suddividendosi tra i tre interpreti (Elisa Proietti, Andrea Sorrentino, Mauro Pasqualini) che vestono e svestono i panni dei numerosi personaggi. Sulle note della musica suonata dal vivo da Adele Pardi, va costruendosi l’immagine di una Parigi a cavallo tra Ottocento e Novecento – i suoi quartieri, i suoi locali – punti nevralgici della lotta contro la disuguaglianza sociale, contro lo sfruttamento del popolo, contro il capitale.
La messa in scena trova la sua forza su una scenografia fortemente connotativa, arricchita dalla musica che rende corposa l’immagine e impreziosisce l’azione riuscendo a stemperare i toni del testo di Cacucci, seguito forse con troppa fedeltà.
Quella dei Borgobonò è senz’altro un’operazione virtuosa; la cura del dettaglio, la scelta dei movimenti scenici, il flusso narrativo ininterrotto concedono a chi guarda di poter avvicinarsi senza diffidenza alla storia di Bonnot diviso tra amore, politica e crimine.
Se, da un lato, la messa in scena convince per la complessità dei personaggi, che quasi rotolano su loro stessi entrando e uscendo da abiti e cappotti, e per la materialità di una scenografia semplice ma non meno suggestiva, dall’altro, lo spettacolo pecca in prolissità.
Rispetto del testo, si diceva, ma anche capacità di “rivestirlo” fantasiosamente, schiudendo prospettive curiose e inaspettate grazie alla verità sensibile dei corpi, delle voci, aprendo parentesi e incisi che, in corso d’opera, finiscono per depositarsi, mescolarsi tra loro.
Nel corso della storia, Bonnot si trova a essere conteso tra numerosi personaggi: donne, mogli, compagni politici e complici. Subisce, vive e cerca riscatto per ciò che la vita e le sue scelte gli hanno posto di fronte, ma tutto questo assume un’aria talmente caotica che risulta difficile mantenere costante il livello di attenzione e di partecipazione.
In ogni caso nessun rimorso è certamente un’operazione che, sebbene ancora in fase di sviluppo, risulta gradevole agli occhi. Curiosa e accattivante l’interpretazione degli attori, a loro agio nel saltare continuamente “dentro” e “fuori” dai personaggi sul ritmo evocativo del violoncello.
Uno spettacolo ancora in rodaggio, ma che lascia ben sperare.