Il servo-padrone di Servillo e le quisquilie d’amore

Sguardazzo/recensione di "Le false confidenze"

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Cosa: Le false confidenze
Chi: Toni Servillo, Andrea Renzi, Anna Boniauto, Monica Nappo, Gigio Morra, Betti Pedrazzi
Dove: Video
Quando: 16/11/2017
Per quanto: 70 minuti

Teatro e video, ambiti antipodici assai più di quel che si stimi: il materiale impiegato (gli attori) non inganni, giacché qualsiasi sorta di filmato si nutre non di carne, ma d’immagini, fotografie, riflessi, in una dimensione fantasmatica inevitabile. Per non dire del punto di vista: libero e individualizzato nella sala teatrale (e propenso alla non identificazione spettatore/attore), guidato dal mezzo (il fuoco dell’obiettivo, il montaggio) per qualsiasi prodotto filmico.
È, quindi, delicatissimo il passaggio da palco a schermo, specie se l’intenzione non è documentaria, ma espressiva: all’arte della scena deve così accompagnarsi quella della ripresa, se un’opera vuol esser tale e, al contempo, “servire” quella sorgente.

Le false confidenze, commedia che Marivaux scrive nel 1737, acquisisce, nella versione video di Toni Servillo più volte trasmessa da Rai5, un’ulteriore punta acidula, ben resa dal montaggio convulso e straniante. L’intrigo amoroso alla base del testo è un amaro minuetto menato da Dubois, servo di nome, non di fatto: centellina con cura le informazioni, da grande conoscitore dell’animo umano, manipolando Dorante, ex padrone, e Araminte, sua attuale signora, per un rovesciamento di grande pregnanza filosofica. Le confidenze, false o comunque dosatissime, rappresentano i fili coi quali il servitore muove le marionette del “proprio” teatro, in una mirabile sovrapposizione di funzioni registiche tra attore e personaggio.

Andrea Renzi tratteggia un amoroso appassionato, giusto, assennatissimo: troppo corretto, e stucchevole, per esser vero. Né Servillo né Marivaux sembrano stimar granché questo borghesuccio in ascesa; non che vada meglio alla vedova, un brillantissima Anna Bonaiuto, che tanto forte e bene s’oppone alla madre bisbetica (Betti Pedrazzi, da applausi) quanto frana, cedevole come una sciacquetta, alle lusinghe di Dubois. Peggio ancora, Marton, altra governante: illusa da Remy, il pragmatico zio di Dorante, è incapace, innamorata provetta, a distinguer lucciole o lanterne. Monica Nappo vibra di patetica ingenuità, conferendo, però, al personaggio un che di autenticamente fragile al di là del ridicolo. Sontuoso è, infine, Gigio Morra nel cucirsi addosso il ruolo dello zio, ben calibrando assennatezza (le cose più sensate, le dice proprio lui) e chiassosa forza espressiva.

Si torna sempre a sragionar d’amore, controverso e mal compreso impulso che fa delirare, sognare, piangere: appicca incendi, lasciando, spesso, devastazioni. La ricerca di Servillo si concentra altrove: nel denaro. Sempre e comunque di pecunia parlano tutti (mirabile la serrata traduzione di Cesare Garboli), ossessionati dai mutevoli equilibri sociali dell’occidente Ancien Régime sullo sfondo. Poca o nulla fiducia traspare da questa commedia scura per la luce distillatissima: l’ambiente unico, razionale, ricco d’aperture, è sfondo all’azione di caratteri in sgargianti fogge d’epoca, per un ficcante contrasto tra metafisico e verosimile. Ulteriore elemento dissonante, l’inquietudine fatta suono delle incessanti pulsazioni ritmiche d’una batteria che scandisce il tempo, o il denaro a mo’ di registratore di cassa.

Poca o nulla fiducia nell’uomo, se basta un servo cum grano salis a indirizzare il destino di sei persone, quasi tutte di ranghi superiori. La comédie humaine, nella sua svenevole banalità, è servita, per un Marivaux annerito dal filtraggio servilliano (l’allestimento scenico è d’una dozzina di anni fa), che sembra anticipare Balzac o, addirittura, lo sguardo cinico d’un Rossini. Non è amore, quell’amore, sembra voler mostrare, a noi pubblico, l’arguto Dubois, al termine d’una commedia dove si ride, ma non troppo. Non c’è consolazione, e proprio per questo gli applausi sono ancor più meritati. 

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un digestivo sarebbe... un fernet di qualità

Locandina dello spettacolo



Titolo: Le false confidenze

Le false confidenze di Marivaux
traduzione  Cesare Garboli
regia Toni Servillo

Anna Bonaiuto   Araminte
Andrea Renzi   Dorante
Gigio Morra   signor Remy
Betti Pedrazzi   signora Argante
Salvatore Cantalupo   Arlecchino
Toni Servillo   Dubois
Monica Nappo   Marton
Francesco Silvestri   il conte
Francesco Paglino   un garzone di bottega                       

luci     Pasquale Mari
suono     Daghi Rondanini
costumi     Ortensia De Francesco
progetto scenotecnico     Daniele Spisa
aiuto regia     Costanza Boccardi
direzione tecnica     Lello Becchimanzi
direzione di scena     Teresa Cibelli
capo elettricista     Lucio Sabatino
macchinista costruttore     Edoardo Ridi
oggetti di scena     Angelita Borgheresi
sarta     Paola De Luca
ufficio stampa     Sergio Marra
foto di scena     Monica Biancardi

riprese video e montaggio      Tommaso Pitta

una produzione Teatri Uniti  in collaborazione con E.A.R. Teatro di Messina


L’amore ostacolato dall’interesse, dagli intrighi, soffocato dal denaro: è questo l’argomento più che mai attuale di questa bellissima commedia. Ma l’attualità evidentemente non è il solo motivo che mi ha spinto ad affrontarla, è la modernità del suo linguaggio ad avermi affascinato in modo irresistibile. Tutto è detto in maniera semplice, chiara, diretta, ma questa limpidità corrispondono spesso zone oscure, torbide, ambigue, che creano intoppo alla vicenda una atmosfera fatta di attese e di trepidazione. Proprio quando i personaggi sembrano affidarsi con più disinvoltura alle parole, emerge ciò che non dicono o tentano di nascondere; alludono continuamente, e questo fa si che i silenzi, le interruzioni, le pause diventino più espressive di qualsiasi discorso. Alla commedia di parole se ne affianca una fatta di comportamenti, reazioni, volti, sguardi. L’adattamento del testo allora si è svolto proprio in questa direzione: porzioni di dialogo o brevi scene, li ho interpretati come fossero didascalie che mi aiutassero ad orientarmi nelle pieghe più silenziose del testo.
Naturalmente la verifica di tutto ciò sta nel lavoro con gli attori; e del resto Marivaux lo sapeva bene quando affidava i suoi testi ai comici italiani di stanza a Parigi: a loro chiedeva di risollecitarli partendo proprio dalle improvvisazioni in palcoscenico. Come sempre è li che si gioca la partita.

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.