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Nozze da incubo

Sguardazzo/recensione di "Danza macabra"

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Cosa: Danza macabra
Chi: Luca Ronconi, Giorgio Ferrara, Adriana Asti, Giovanni Crippa
Dove: Prato, Teatro Metastasio
Quando: 12/11/2014
Per quanto: 95 minuti

L’inferno coniugale: costrizione violenta, trappola mortale in cerca del punto di fuga. Giostra di menzogne, recriminazioni, nel malmostoso ristagno di rimpianti senza costrutto, in cui s’addossa all’altro le colpe che non s’ha l’onestà d’imputare a sé stessi. Quando, quasi per caso, un elemento altera il malato e grigio equilibrio dell’abitudine, ecco dischiudersi i drappeggi del teatro: non la scena in senso materiale, quella dei comici con palco, platea e palchetti, ma quella mentale, in cui ha luogo la rappresentazione, sempre mendace, di quel che siamo o vorremmo far apparire.

È in questo incastro che Luca Ronconi precipita l’asciutta riscrittura offerta da Roberto Alonge dello strindberghiano Dödsdansen: due drammi distinti, in origine, non del tutto combacianti, qui unificati col titolo Danza macabra. Solo tre personaggi: la coppia cattiva (nell’accezione di livorosa e prigioniera) formata dal capitano d’artiglieria Edgar (Giorgio Ferrara) e Alice (Adriana Asti), ex attricetta mai giunta al successo, cui va a sommarsi il terzo incomodo, Kurt (Giovanni Crippa), di lei cugino e ufficiale di quarantena, ai tempi responsabile della sciagurata unione.

s57danzamacabra1Un ampio spazio angusto inquadra la coppia ormai oltre la soglia della sfioritura: domina la parete in verde scuro, sporco e ruvido, materialità rugosa che pare il riflesso delle incrostazioni trascinate dai due. Ingombranti suppellettili appesantiscono l’ambiente, enfatizzandone la cristallizzazione asfittica: un giaciglio di metallo, una larga poltrona scura, una telescrivente a nastro, troneggiante al centro, per battere, di tanto in tanto, messaggi in ricezione. L’uggia ambientale è ben riflessa nella recitazione sapientemente carcata e sulfuera di Alice: gesti spezzati, corvini e dissonanti, come i suoni a punteggiare i momenti salienti del dramma. Le si contrappone un Ferrara farsesco, meno centrato, in scollacciata ricerca del riso in platea che, va detto, arriva puntuale quando l’attore la mette sul comico.

Questa la chiave ronconiana: trascinare Strindbergh più dalle parti di certo absurdismo transalpino rispetto alla più consueta collocazione nordeuropea. In effetti, l’andamento della recita fa pensare a Finale di partita o a quel Giorni felici che, regia di Bob Wilson, aprì proprio con Adriana Asti la stagione pratese 2009/10. Crippa rende un Kurt più sottile, vittima delle insidie cui lo sottopone la cugina, ma carnefice, come i compagni, quando s’avventa all’altrui collo nei bizzarri e plateali segmenti vampireschi inclusi nel testo originale. Vampirismo e cannibalismo permeano l’intera pièce, nelle mutue accuse che i personaggi si lanciano, alla disperante cerca di uno straccio di senso per i reciproci fallimenti.

Tanto rumore per poco, vien da dire: a fronte d’una grande potenza visiva e sonora, sfugge l’efficacia del disegno, irrisolto nella vigorosa prova di mezzi (compreso l’improvviso fluttuar degli arredi, come a bordo d’una nave) senza, però, sortire un reale effetto. La Danza macabra menata da Ronconi è un oggetto estetizzante: può interessare l’occhio d’uno spettatore smaliziato (come La modestia, tre stagioni fa), ma resta isolato dal cuore e dal “sangue” dello spettatore, quando invece avrebbe il dovere di colpire, e con forza. Un teatro che lascia il pubblico immutato ci pare, non ce ne vogliano gli artisti, pregevoli, non tanto uno spreco (il che potrebbe pure essere un merito), ma un’occasione perduta o poco più.

VERDETTAZZO

Perché: No
Se fosse... un arredo sarebbe... un minuzioso centrotavola di trina, con un po' di polvere

Locandina dello spettacolo



Titolo: Danza macabra

di August Strindberg
traduzione e adattamento Roberto Alonge
regia Luca Ronconi
con Adriana Asti, Giorgio Ferrara, Giovanni Crippa
scenografia Marco Rossi
costumi Maurizio Galante
luci A. J. Weissbard
suono Hubert Westkemper
produzione Spoleto57 Festival dei 2Mondi, Teatro Metastasio Stabile della Toscana
in collaborazione con Mittelfest 2014

Danza macabra di Strindberg è un testo illustre, interpretato da sempre dalla critica come un exemplum della vita coniugale vissuta quale inferno domestico, in cui si confrontano e si scontrano, da un lato, la natura satanica della moglie, Alice, e, dall’altro lato, il carattere vampiresco del marito, il Capitano, che cerca di succhiare la vita del secondo uomo, Kurt, psicologicamente fragile e remissivo.
In realtà si tratta di un’interpretazione di maniera, depistata dalla forte sensibilità misogina dell’autore svedese. Una lettura più attenta del dramma consente invece di prendere atto che, più semplicemente, siamo di fronte all’inferno domestico di una coppia per niente infernale. La vicenda inizia e finisce su toni e timbri di misurata cordialità coniugale. È solo con l’arrivo del terzo, di Kurt, che cominciano le tensioni. Il Capitano e Alice sono come una coppia di attori, tranquilli quando non c’è pubblico, e subito eccitati dalla presenza di uno spettatore. L’arrivo di Kurt è l’occasione perché entrambi i coniugi si animino e si esibiscano, calandosi ciascuno di essi nel proprio personaggio: il vampiro per il Capitano, e la femmina diabolica per Alice, che seduce il timido Kurt. La fuga finale di Kurt riporta la coppia al punto di partenza, alla calma routine esistenziale.
Per Ronconi siamo cioè di fronte alla rappresentazione di una storia infernale ma risibile, che fa pensare curiosamente al vaudeville di Courteline, Les Boulingrin, andato in scena nel 1898, pochi anni prima della stesura di Danza macabra (1900), in cui i coniugi Boulingrin si scatenano all’arrivo di un ospite in visita, su cui proiettano farsescamente le tensioni della coppia borghese.
Roberto Alonge
Con la messa in scena di Danza macabra di Strindberg, Luca Ronconi torna ancora una volta al Festival dei Due Mondi: un’intensa e irrinunciabile collaborazione voluta dal direttore artistico Giorgio Ferrara nel segno di quella straordinaria forza creativa che contraddistingue il lavoro del grande regista.
La realizzazione della pièce vede nuovamente il Festival di Spoleto e il Teatro Metastasio Stabile della Toscana, in collaborazione con il Mittelfest, unire le proprie forze e ambizioni artistiche per varare un’altra importante produzione, dopo i successi nella scorsa edizione de Il ritorno a casa di Harold Pinter per la regia di Peter Stein e de La voce umana /Il bell’indifferente di Jean Cocteau per la regia di Benoit Jacquot.

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.