“C’era una volta una bambina di nome Cappuccetto Rosso” è uno degli incipit più celebri e famosi del panorama fiabesco internazionale, cui consegue la palese difficoltà nella realizzazione di una messinscena originale, accattivante soprattutto per il pubblico naturale destinatario, i bambini.
È proprio per questo che è, quindi, encomiabile l’allestimento realizzato da Teatro delle Briciole, che già nell’accoglienza in sala cattura i giovani spettatori. Sotto il palco è allestito un piccolo tavolo in cui sono esposti, in apposite teche di vetro, alcune reliquie appartenenti al museo Once Upon a Time, presso il quale esperti ricercatori del RRFO (Recupero Reperti Fiabe Originali) da anni hanno il compito di raccogliere gli oggetti smarriti all’interno delle fiabe. Le fragole di Cappuccetto Rosso, il cestino per la nonna con bottiglia di vino e focaccia calda, il sasso da autodifesa da lupo scheggiato con macchia rossa e torta di mele della nonna: questi i reperti che, con sapiente ironia, la dottoressa Gallina Cicova mostra ai giovani spettatori del Teatro San Girolamo, i quali, dopo attente esperienze tattili, espongono varie perplessità circa frutti troppo piccoli, panificati troppo caldi e sospettose macchie sul minerale.
Dopo questo prologo, ha avvio sulle assi del palcoscenico la performance che vede, al centro, la sagoma di una figura avvolta in un mantello nero: piano piano essa si identifica nelle fattezze di una montagna, quella che narrerà la celebre fiaba. Emanuela Dall’aglio è all’interno della struttura da cui farà emergere: il proprio volto in veste di montagna-narratrice, i pupazzi di Cappuccetto e del Lupo in varie misure a seconda dell’uso (minuscola, per simulare una visione dall’alto; media per dei dialoghi fra i personaggi allo stesso livello; una grande Cappuccetto a dialogo con l’attrice stessa sotto la maschera del lupo), ma anche farfalle, lucine e quanto altro possa essere d’aiuto nella narrazione della storia.
Lentamente si svelano, da sotto il telo nero, i tratti di questa vallata, alle cui pendici vi è la deliziosa casetta della nonnina. L’unico personaggio che vede la fuoriuscita dell’attrice dalla postazione è quello del cacciatore Jerome, alla francese, perdutamente innamorato di Nonna Terèse: il personaggio virile è realizzato a partire dalle gambe dell’attrice, sormontate da una sagoma-corpo e da una bella maschera. Le voci dei personaggi, a eccezione dei ruoli interpretati dal vivo da Dall’aglio, sono registrate: una vocina acuta per la piccola Cappuccetto, una baritonale e paurosa per il lupo. Oltre a suoni d’atmosfera, spiccano nella colonna sonora brani come Habanera dalla Carmen di Bizet, Only you nella versione di Presley accompagnata da luci da club anni Sessanta col cacciatore Jerome perso d’amore per nonna Terèse. Fumo e luci fredde per gli “ingressi” della belva, mentre tonalità calde sono dedicate all’armonia della casina della nonna e della sua nipotina. Delizioso l’uso della tecnica teatrale delle ombre: l’intera scena dedicata all’incontro tra il lupo e la nonna sarà svolto nella piccola casetta tramite le sagome dei due personaggi.
Uno spettacolo che mescola con sapienza varie tipologie espressive e che affascina tutti, sia grandi sia piccini, con un particolare riguardo per quanto concerne scenotecnica, ritmo e regia, nella realizzazione di un piccolo gioiello che non ha niente da invidiare a grandi allestimenti mainstream. Applausi più che convinti.