Al DadaBoom di Viareggio non c’è il palcoscenico. Le sedie per gli spettatori sono molto variegate, prestate da luoghi diversi. E il pubblico non è quello che solitamente si trova a teatro. Infatti, il DadaBoom non è un teatro. Comunque è annunciato uno spettacolo, Restiamo Umani della compagnia Ultimo Teatro Produzioni Incivili composta da Luca Privitera ed Elena Ferretti.
Lo spazio scenico è recintato con alte transenne da cantiere. Gli attori saranno in gabbia, illuminati da tre faretti messi a terra. Due sgabelli e una proiezione video completano la scarna scenografia. Privitera inizia la performance dando il benvenuto e spiegando il nome della compagnia. «Ultimo Teatro» perché si vogliono occupare degli ultimi. E, aiutati dai testi di Vittorio Arrigoni e Mhamoud Darwish, stasera ci racconteranno della Palestina. Proveranno a dare voce a uno dei popoli più martoriati della recente storia umana. Così comincia la performance, mescolando sapientemente l’arte del contastorie, la recitazione mimetica, il canto neo-folk in dialogo con il pubblico e il suono della fisarmonica con la proiezione video a testimoniare (come una volta il telo dipinto) la realtà dei fatti narrati. Ci viene confermata la difficile situazione dei palestinesi. L’assurdità dei check-point quotidiani a cui sono sottoposti. Le continue barriere che devono superare, ben testimoniate dalla scena recintata. La difficoltà di essere bambini normali, in un contesto di guerra diffusa. Toccante il brano dedicato agli aquiloni e illuminante il video che mostra la perquisizione dello zainetto di un bambino da parte di una pattuglia di soldati. Si raccontano poi le diverse complicità economiche dei governi occidentali con lo stato di Israele. La cooperativa che dovrebbe fare la TAV in Valsusa ne ha realizzata una, quasi inutile, anche in Israele. Ma si racconta anche delle diverse dissidenze ebraiche che cercano di opporsi al comportamento paranoico del governo israeliano. Si dà voce a quelle parole che normalmente i media tengono nascoste o al massimo sussurrano a bassa voce. Ci si interroga durante tutto lo spettacolo su come sia possibile restare umani in tali condizioni. E si conclude che l’unica soluzione per superare, salvarsi da questa “brutta storia” sia proprio riuscire a restare umani.
Il pubblico applaude caloroso e complice.
Nonostante la durezza delle vicende narrate non si può non apprezzare la bravura dei raccontattori. Al di là di ogni retorica ed estetica scolastica, Luca Privitera e Elena Ferretti, riescono a essere convincenti e coinvolgenti. Una vera attualizzazione di quello che doveva essere il teatro Agit-Prop nella versione brechtiana. Che ripropone l’esigenza, cara anche al Living Theatre, di utilizzare la scena per esprimere la propria alterità e dissidenza. Un teatro che cerca il contatto con le persone oltre i luoghi deputati, con spettatori che, per diversi motivi, non frequentano le sale teatrali. Uno spettacolo che rivela, ancora una volta, la reale vitalità del fare teatro se espresso da sincere esigenze di comunicazione e che meriterebbe di avere maggiori spazi a disposizione, oltre a quelli conquistati attraverso l’attività di volontari e attivisti della cultura: certamente molto più umani di tanti professionisti della scena.
[Vedi l’Arazzo-reportage fotografico su Restiamo Umani]