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Se volete pestare un amico nel mio bar… sono minimo due consumazioni

Sguardazzo/recensione di "Animali da bar"

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Cosa: Animali da bar
Chi: Carrozzeria Orfeo, Beatrice Schiros, Massimiliano Setti, Gabriele Di Luca, Pier Luigi Pasino, Paolo Li Volsi, Alessandro Haber
Dove: Pontedera (PI), Teatro Era
Quando: 8/10/2015
Per quanto: 90 minuti

È una voce di vecchio, lontana, disturbata, ad aprire la porte del Bar. Una squallida bettola intrisa di fumo mefitico, un buco qualsiasi, dimenticato da dio, in una qualche periferia di una qualunque metropoli.
Un lungo bancone scuro, a ferro di cavallo, piagato, contorto e ritorto da un lato, qualche sgabello appoggiato contro, un tavolo a destra, un orinatoio rugginoso a sinistra. Pochi clienti, gli stessi di sempre.

Questo è il bar di Mirka, barista ucraina incattivita dalla vita, la quale affitta il suo utero a coppie di italiani per soldi. Una donna, cinque uomini: uno scrittore alcolizzato costretto dal proprio editore a scrivere un impossibile libro sulla Grande Guerra, un ladro bipolare che ruba in casa di gente appena morta, un imprenditore capo di una ditta di pompe funebri per animali di piccola taglia, un buddista vessato dalla moglie, melaniano e in lotta per la liberazione del Tibet. Reale proprietario del bar, il Vecchio (Alessandro Haber), anziano nostalgico fascista che, domato da un tumore alla prostata, vive confinato nell’appartamento sopra il locale e comunica solo attraverso una radio.

2G2C4352-EditCreature notturne, tormentate da una vita che sembra non essere in grado di sorridere, patetici nella loro miseria travestita da convinzione. Le luci del bar si accendono nel momento del parto della donna. Tre uomini ripiegati su di lei, uno, indifferente al panico generale, seduto al tavolo. L’azione si interrompe e il nastro si riavvolge. Seguendo l’ordine di un’invisibile didascalia che recita “qualche tempo prima…”,  lo spettatore prende gradualmente coscienza della situazione e delle dinamiche malsane che legano i clienti che entrano ed escono dal bar fino al momento delle sofferte doglie.

Cattivi, cattivissimi e bastardi, i personaggi di Animali da Bar (Beatrice Schiros, Massimiliano Setti, Gabriele Di Luca, Pier Luigi Pasino, Paolo Li Volsi) portano avanti la loro famelica ricerca per tentare di scoprirsi differenti finendo irrimediabilmente per ritrovarsi gli stessi di sempre; sognano senza davvero credere, aspirano senza realmente aver la forza da uscire da una quotidianità che li pretende patetici. Al termine ognuno sarà costretto a dover vivere la propria vita, cercando di andare comunque avanti, arrancando verso un futuro che non vuole promettere niente.

2G2C4396Lo spettacolo trova la sua forza nel ritmo del testo scritto da Gabriele Di Luca che alterna all’irriverente e al politicamente scorretto le tenerezze degli innamorati, le incertezze dei deboli, le sofferenze degli abbandonati.

Il tempo è scandito in sezioni autoconclusive che terminano con l’intervento di Mirka o dello scrittore, Swarovski, carismatico “capo branco”, cinico manipolatore, al quale è destinato anche il compito di raccontare agli spettatori come va a concludersi la vita di ognuno dei suoi compagni.

Solo nel finale lo spettacolo tende a perdere un po’ del suo carattere, per via del tono quasi moralista che attenua il caustico e lo scomodo. Quasi viene voglia di sentire di nuovo l’ennesima cattiveria del Vecchio o di Mirka, ma ormai si è fatto tardi e il bar ha chiuso.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... una prugna che galleggia nel profumo sarebbe... servita in un cappello da uomo

Locandina dello spettacolo



Titolo: Animali da bar

drammaturgia Gabriele Di Luca
regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi
con Beatrice Schiros, Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Pier Luigi Pasino, Paolo Li Volsi
voce fuori campo Alessandro Haber
musiche Massimiliano Setti
scene Maria Spazzi
luci Giovanni Berti
allestimento Leonardo Bonechi
costumi Erika Carretta
produzione Fondazione Teatro della Toscana

C’era una volta una metropoli.
Dentro la metropoli un quartiere. Dentro al quartiere, il bar. Un bar abitato da personaggi strani: un vecchio malato, misantropo e razzista che si è ritirato a vita privata nel suo appartamento; una donna ucraina dal passato difficile che sta affittando il proprio utero ad una coppia italiana; un imprenditore ipocondriaco che gestisce un’azienda di pompe funebri per animali di piccola taglia; un buddista inetto che, mentre lotta per la liberazione del Tibet, a casa subisce violenze domestiche dalla moglie; uno zoppo bipolare che deruba le case dei morti il giorno del loro funerale; uno scrittore alcolizzato costretto dal proprio editore a scrivere un romanzo sulla grande guerra. Sei animali notturni, illusi perdenti, che provano a combattere, nonostante tutto, aggrappati ai loro piccoli squallidi sogni, ad una speranza che resiste troppo a lungo. Come quelle erbacce infestanti e velenose che crescono e ricrescono senza che si riesca mai ad estirparle. E se appoggiati al bancone troviamo gli ultimi brandelli di un occidente rabbioso e vendicativo, fatto di frustrazioni, retorica, falsa morale, psicofarmaci e decadenza, oltre la porta c’è il prepotente arrivo di un “oriente” portatore di saggezze e valori… valori, però, ormai svuotati e consumati del loro senso originario e commercializzati come qualunque altra cosa. Tutto è venduto, sfruttato e contrattato in “Animali da Bar”. La morte e la vita, come ogni altra merce, si adeguano alle logiche del mercato. E quando l’alcol allenta un pochettino la morsa e ci toglie la museruola… è un grande zoo la notte… una confessione biologica dove ognuno cerca disperatamente di capire come ha fatto a insediarsi tutta quell’angoscia. Giorno dopo giorno. Da anni, da secoli. Come abbiamo fatto a non sentirla entrare? E per quanto riguarda gli altri… beh, cerchiamo di essere realisti. Possiamo dire di conoscerci appena. Siamo tutti degli estranei. D’altronde almeno una mezza dozzina di Cristiani desidera la nostra morte ogni giorno o no? In coda sulla tangenziale… il lunedì mattina in ufficio… chi non vorrebbe torturare il cane del vicino, o schiacciare qualche ciclista di tanto in tanto? Se volete provare l’esatta inesistenza di Dio, salite in una metrò affollata di vostri simili in pieno agosto.
 

Gemma Salvadori
Nata a Volterra nell'inverno del 1992, vive lì, studia a Pisa. Sogna di vivere in un attico con un cane e quattro gatti: tutto molto bello ma davvero poco interessante. Fuma e scrive su un' agenda bancaria più vecchia di lei rivestita con la carta da parati della nonna del suo vicino di casa.