Due opere per un doppio debutto al Giglio: il dittico Suor Angelica – Gianni Schicchi apre non solo la stagione lirica, ma anche I giorni di Puccini, rassegna ormai abituale che unisce idealmente le date estreme della vita del Maestro (29 novembre e 22 dicembre). Questa nuova produzione, in collaborazione con Maggio Musicale Fiorentino e Lirico di Cagliari, fa da avanguardia ai molti appuntamenti che prenderanno il via il 30 novembre.
La scelta di Il trittico (escluso Il tabarro) cade nel centenario del debutto newyorchese: s’inizia con Suor Angelica, il secondo “capitolo”, lavoro particolare, appassionato, in cui il compositore si sente vicino al dramma della protagonista. Nella recita domenicale il ruolo principale è di Alida Berti, debuttante, ma si avverte la sensibilità di un’interprete già a proprio agio col repertorio pucciniano. Il soprano versiliese regala un’Angelica intensa, emozionante, una giusta misura, tanto nella recitazione quanto nel canto. Voce ricca e potente, ma sempre delicatamente calibrata nei fiati: perfetta come giovane aristocratica chiusa in convento per una gravidanza sconveniente, cui la notizia della morte del figlio spinge alla morte. Pure Gianni Schicchi è opera peculiare, non foss’altro perché unico cimento pucciniano con un soggetto buffo. Anche in questo caso troviamo un protagonista che sa leggere (e rendere) lo spirito dell’atto unico: Marcello Rosiello è un mattatore, tiene bene il palco, catturando l’attenzione del pubblico. Talento istrionico, ma anche indubbia solidità vocale: baritono dalla voce piena e roboante, gestisce con eleganza i falsetti, richiesti quando Schicchi veste i panni del defunto Donati e falsifica il testamento in favore della famiglia. Francesca Longari (Lauretta) riscuote un generoso successo con l’emozionante O mio babbino caro.
L’allestimento, di cui Denis Krief firma regia, scene, costumi e luci, si muove in un’ambientazione comune: una costruzione in cui le tre pareti hanno un forte sviluppo verticale, sorta di scatola lignea piuttosto versatile, con aperture che lasciano intravedere frammenti di retropalco. Le idee sono chiare, pulito il disegno, specie nella prima parte, in cui la storia scorre inesorabile verso la tragica fine. Qualche macchinosa sbavatura, invece, nei movimenti secondari o, nel caso di Gianni Schicchi, dal tentativo di aggiungere ritmi e caratteri in sovrapposizione con quelli della partitura pucciniana. Laddove l’opera è già in sé divertente, Krief aggiunge siparietti o caratteri stereotipati che non solo rendono la situazione macchiettistica, ma impongono un diverso passo all’opera, disinnescandone gli elementi di comicità già presenti. Caso emblematico, quello di Isabel De Paoli, che compare in entrambe le opere: la figura slanciata e la voce scura, in Suor Angelica, danno un connotato quasi ridicolo alla severità della Zia Principessa, mentre, in Gianni Schicchi nei panni della matrona Zita, l’artista pare costretta a una caratterizzazione esasperata e sopra le righe che finisce per penalizzarla anche vocalmente.
È il problema principale del Trittico: tre opere (in questo caso due) con intonazioni assai diverse e moltissimi personaggi. Se il regista ha il suo daffare nel gestire tanti attori, neppure sul podio il lavoro è semplice: in questo caso, Marco Guidarini conduce l’Orchestra della Toscana con molta cura ed eleganza nelle pagine non semplici di Suor Angelica, ma in Gianni Schicchi perde spesso il contatto tra buca e scena, dissipando la brillantezza dei concertati in cui il ritmo, fondamentale per gli effetti comici, dovrebbe passare da un personaggio all’altro in modo serrato e rigoroso.
Una produzione comunque meritoria e coraggiosa, che senz’altro evolverà e avrà il suo necessario rodaggio nelle prossime repliche, per poi approdare, nel novembre 2019, al Maggio Musicale Fiorentino, questa volta completata anche da Il tabarro, e con la direzione di Valerio Galli. Intanto, nelle due repliche lucchesi, il teatro gremito ha tributato lunghe ed entusiaste ovazioni.