Ed eccoci qua. Seduti in poltrona per l’anteprima del nuovo spettacolo di Sabina Guzzanti. Ci hanno gentilmente chiesto di non scriverne fino al debutto del 13 novembre. Ma noi siamo arlecchini, inaffidabili e trasgressivi, quindi eccovi prontamente il racconto della serata.
Siamo nel futuro. Come indicato dalla locandina (a cui dedichiamo l’edizione di ottobre della rubrica sui manifesti teatrali) e dalla bella ed essenziale scenografia. Si festeggia con un discorso, tenuto da SabnaQf2 (così riporta il foglio di sala), la fine di un bruttissimo periodo storico denominato “il secolo di merda”, che va dal 1990 al 2041.
La donna sorteggiata per tenere il solito discorso commemorativo, ormai consumato dai soliti cliché, approfondisce l’argomento e analizza perché i merdani (uomini e donne del secolo di merda) non riuscissero a ribellarsi ai soprusi e alle ingiustizie del tempo. Dai pochi reperti, emerge che essi erano come stregati, distratti, da una “cosa” piena di foto di gattini chiamata Facebook, capace di indurre in loro bizzarri comportamenti. La distrazione del mondo veniva accentuata anche da arcaici Tabblet, da certi Smartfoni, che lanciavano continui segnali acustici tramite un certo Uatsapp utile per risparmiare su certi EssEmEss, recapitando le frasi di un certo Oscio alle cinque del mattino. Viene spiegato che tali comportamenti erano indotti grazie a un processo avviato, molto tempo prima, dai pochi possessori delle grandi ricchezze del tempo, per indurre la maggioranza a credere che il libero mercato fosse una legge naturale, l’unico governo del mondo. Che le grandi ricchezze, accumulate a spese delle maggioranza, fossero giuste e che qualsiasi forma di protesta fosse, per questo, sbagliata, mentre sfruttare il prossimo e vendere tutto il possibile fosse giusto nonchè naturale.
La narrazione dell’avvento del neoliberismo planetario, e dei disastri umani di cui è responsabile, è ben fatta: dal Settecento al futuro prossimo, completo di “lavoratori gratuiti” (nuovi schiavi consenzienti) dotati di sindacato, si arriva persino a spiegare perché la proprietà privata, quella dei grandi capitali, sia sempre un furto, frutto di soprusi e ingiustizie. Il tutto, alternato a esilaranti imitazioni di personaggi tipici del secolo di merda: un certo “Cavaliere”, una poco precisata “Marcegaglia”, un altro “Runzi” (o “Renzi”, i reperti sono poco chiari) e altri ancora.
Quello di Guzzanti e Gallione sarebbe uno spettacolo per sperare nel futuro, spiegando come ne venimmo fuori (non lo leggerete qui: vi invitiamo a vederlo), per rincuorare chi pensa o spera di non appartenere alla massa merdana, o scuotere, attraverso la risata, le coscienze di chi si riconosce nella descrizione dei comportamenti merdani sagacemente illustrati.
Dovrebbe… ma non siamo certi della sua efficacia.
La sala grande della Città del Teatro di Cascina è piena. Le risate fragorose. Gli applausi, a scena aperta e, alla fine, forti e sinceri. Sembra che il pubblico sia “fuori” dal secolo di merda. E allora: perché abbiamo la senzazione di esserci ancora ben dentro? E che venirne fuori non sarà affatto semplice?
SabnaQf2 afferma che ci hanno impedito di votare, facendoci disilludere circa l’efficacia della democrazia, vero nemico del neoliberismo. Probabilmente è vero. Ma dovrebbe essere, forse, una democrazia partecipata e non rappresentativa, come ancora ci viene proposta.
A fine spettacolo, una ragazza dice di aver sofferto, riconoscendosi nella feroce derisione dei comportamenti, ma che non vede possibilità di cambiare. Si è, comunque, molto divertita.
All’uscita alcuni lavoratori del teatro distribuiscono volantini. Sono in agitazione per i licenziamenti e i comportamenti “padronali” della direzione e dell’amministrazione comunale. Vorrebbero parlare con Sabina Guzzanti della loro situazione, ma l’artista non li ha ricevuti.
Ebbene sì. Siamo ancora nel pieno del “secolo di merda” e non basterà certo uno spettacolo, pur bello, a farcene uscire.