Sul piccolo palco del Teatro San Girolamo, Riccardo Festa, interprete del Buon Gigante Confuso (o BGC), presenta gli altri attori: Valentina Vandelli nel ruolo di, appunto, Valentina, e Chiara Spoletini, che sarà Tutti Gli Altri, parte difficile da definire e per questo foriera, con la sua assegnazione, di un moto di stizza che provoca la prima delle abbastanza frequenti risate dei tanti bambini in sala. A (non) caratterizzare Tutti Gli Altri contribuiscono una lunga veste nera il cui cappuccio copre parte della faccia e dei trampoli, sui quali Spoletini si muove per quasi tutto lo spettacolo.
La storia di Valentina e i giganti (regia di Sandro Mabellini) inizia con la protagonista che avvista il BGC e viene portata sull’Isola dei Giganti, dove lei e il suo nuovo amico decideranno di dover proteggere i bambini, quotidianamente strappati dalle loro famiglie dai giganti per essere mangiati. Tutto molto divertente e apprezzabile: alla fine, i voraci personaggi vengono catturati e presumibilmente intrappolati, forse in uno di quegli zoo nei quali il BGC temeva di finire. Ma la finalità dello spettacolo sembrerebbe assai più nobile del semplice intrattenimento: l’educazione. Infatti, il BGC — che durante la rappresentazione rompe spesso la “quarta parete” andando persino in platea per chiedere ai bambini qualcosa da mangiare — diventa una sorta di beniamino del giovane pubblico e dice a Valentina che, in sostanza, l’uomo è disumano in quanto potenziale nemico dei propri simili. Secondo il gigante è questa la caratteristica che lo contraddistingue dagli altri esseri viventi, siano essi coccodrilli, scimmie, giganti…
Le mamme, contente, potranno quindi dormire sonni tranquilli quando i bambini torneranno a casa e racconteranno la trama dello spettacolo: nessuno di loro, da grande, farà torti, vituperi di ogni genere, risse, guerre, perché quel personaggio tanto simpatico ha anche insegnato al loro pargolo. Applausi.
Purtroppo, così non è. Perché è proprio quel BGC che inneggiava alla pace che, alla fine, (in)castra i suoi simili facendoli catturare. Il protagonista si contraddice. Tutta quella bella morale crolla su sé stessa. Si potrebbe dire che è tipico delle fiabe per bambini e che neppure il GGG di Roald Dhal, dal quale è tratto il testo, non fa eccezione, che il male deve essere sconfitto dal bene et cetera. Ma è come se Pinocchio, sperimentate le bassezze del Paese dei Balocchi, tornasse dal suo babbino e prima si pentisse, poi trasformasse il suo laboratorio in un casinò, con bugigattolo annesso per far tagliare la coca a migranti cubani.
La grande differenza, forse, è che nelle fiabe i protagonisti sono umani o pseudo-umani (come Pinocchio) e non altri, come il Gigante nel GGG o di Valentina e i Giganti. Nonostante questa sostanziale differenza, il pensiero e il punto di vista adottati restano antropocentrici. È il problema che il filosofo francese Michel de Montaigne già evidenziava nel XVI secolo: «Sembra che noi non abbiamo altro punto di riferimento per la verità e la ragione che l’esempio e l’idea delle opinioni e degli usi del paese in cui siamo». Il BGC è un gigante che guarda le cose con gli occhi degli uomini, e ciò è moralmente deleterio. In questo senso, allora, l’amato BGC è assimilabile a Hernan Cortes o Francisco Pizarro, a quei conquistadores che, chiamando gli indios “homuncoli“, li annientarono, considerandoli Altri, pur essendo loro simili.
Leonardo Bandiera Marlia