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“Attentattore” numero cinque: Woody Neri si fa kamikaze

Sguardazzo/recensione di "Kamikaze number five"

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Cosa: Kamikaze number five
Chi: Woody Neri
Dove: Pistoia, Piccolo Teatro Mauro Bolognini
Quando: 24/04/2015
Per quanto: 60 minuti

È un fatto che tra gli spettacoli più discussi degli ultimi anni s’annoverino assoli estremi, quasi che, all’alzarsi della posta, la solitudine assuma i contorni dell’urgenza. Questo il pensiero a margine di Kamikaze Number Five, tutto per tutto con cui Woody Neri affronta un testo ad alto coefficiente di rischio, orazione visionaria e febbricitante d’un milite votato al martirio colto poco prima della morte, sua e di altri (innocenti?), strumento esiziale per una postrema glorificazione.

La nudità scenica è presto doppiata dall’attore, prima in tenuta ginnica, che passa all’ostentazione corporea più smaccata col solo riparo d’un variopinto velario di stemmi calcistici: la solitudine oggettuale è rifrazione tra milite e teatrante, anch’esso dinanzi al gioco di morte che è la scena. Prova muscolare, di ampio ventaglio dinamico, quella di Neri: la recitazione, inquieta e roboante, qui e là s’incrina con minuzie ironiche, rovesciamenti tonali ai limiti del virtuosismo. Echeggia indiretta la lezione beniana, nello sciente birignao misto a rapidi crescendo per dissonanti fratture sulle violente sonorità a punteggiare il dettato verbale. La robustezza tecnica s’abbina a una partitura gestuale che sonda i limiti del fattibile: reiterate minzioni (altro omaggio a CB?) nel secchio a lato, ostensione svergognata d’ogni anfratto di sé, rilancio indomito a non lasciar nulla d’intentato.

02-Woody-Neri-Kamikaze-Number-Five-ph-ricevuta-dallattore.jpgL’impegno profuso, però, giova solo in parte a un testo il cui coraggio s’incaglia nei pelaghi dell’intenzione, quasi che, nello smarcarsi da identificazioni secolari (ogni riferimento è volutamente vago), ne esca debilitata l’aderenza necessaria tra il piano dichiarativo e quello simbolico (il parallelo attentatore suicida-attore). Parla, parla e parla, il miliziano sacrificale, giostra immagini e interlocutori: il padre, gli odiati nemici, il fratello, terminale del dialogo più allucinato. Ne perdiamo, via via, le tracce: la narrazione  suona confusa o ridondante, e il caleidoscopio verbale si dissolve nel bianco d’una sterile autoreferenzialità. Sembra parlare a tutti, ma non allo spettatore, al di là dell’aggressione scenica o del malizioso gioco con la quarta parete.

03 Woody Neri, 'Kamikaze Number Five' (ph ricevuta dall'attore)Il problema non è occuparsi o meno della condizione dell’attore: GabbiaNo, ingegnosa rilettura cechoviana realizzata da Neri due stagioni fa, lo dimostrava e, per paradosso, con più coraggio. Già vi pulsavano le inquietudini dell’artista dinanzi all’abisso; ma la riflessione sul teatro era (anche e soprattutto) riflessione sulla vita, sulla sua invivibilità, emergenza che abbacina, in tema d’assoli, nelle abrasive e dolenti prove di Roberto Latini. Il dubbio, al netto delle comprensibili attenuanti da debutto, è che questo kamikaze, più che coraggioso, rasenti la temerarietà, se non l’incoscienza. E, forse, lavorare un testo simile in chiave post punk con chi dice di non interessarsi a «creare spettacoli belli» (affermazione di Giuseppe Isgrò a margine di Adulto) potrebbe costituire un lusso poco sostenibile in termini di mera efficacia, almeno in questo caso.

Gli applausi del Bolognini sono un condivisibile premio all’onestà riconosciuta allo stremato kamikaze. La stessa onestà, però, ci porta a pensare (pure rispetto ai martiri veri) che non tutti i gesti estremi traggano ragione dal semplice fatto d’esser tali. In fondo, anche la critica è un salto nel buio, non richiesto, mal tollerato e con assai meno attenuanti condivise rispetto all’atto da cui deriva, ma non ci sogneremmo mai di farlo pesare a chi legge.

VERDETTAZZO

Perché: No
Se fosse... un arnese sarebbe... una motosega inceppata

Locandina dello spettacolo



Titolo: Kamikaze number five

di Giuseppe Massa
regia Giuseppe Isgrò
con Woody Neri
suono Giovanni Isgrò
Dramaturg Francesca Marianna Consonni
sarta Camilla Magnani
grafica Alezbruc
una produzione Phoebe Zeitgeist Teatro e Vanaclù
in coproduzione con Progetto Goldstein
in collaborazione con Teatro dell’Orologio – Roma
con la collaborazione di ATP – Associazione Teatrale Pistoiese
La Corte Ospitale, Rubiera Spazio Off – Trento


Kamikaze Number Five è il racconto del dies irae, il giorno dell'ira e del giudizio finale, divenuto terreno, carnale, umano. Il testo racconta le ultime ore di un kamikaze. Mentre si prepara per la fne, egli richiama i fantasmi della sua famiglia distrutta: il padre, il fratello, la madre e la sua unica fglia. Le presenze si uniscono in un Totentanz, una danza macabra, una rifessione sulla morte che attraversa e trafigge la vita. L'odio sotteso all'intero racconto assume temperature e intensità diverse: da esso emergono ritmicamente forza, dolcezza, premura, fratellanza, così come la furia cieca e il dramma di appartenere senza scampo alle proprie relazioni, alle persone amate, al luogo in cui si nasce o si cresce. Sebbene sia il racconto di un atto estremo esso è tutt'altro che la descrizione di un'anima monolitica e compiuta. È invece ambientato su una soglia, su una linea di tensione, sui passaggi che conducono alla trasformazione. Il testo non si rifugia nel "politicamente corretto", è eccitato ed elettrizzante, fortemente vero e crudele: il pensiero radicale è rappresentato attraverso le sue logiche stringenti e per i suoi valori del tutto basati sul sentire viscerale, rendendo ciò che viene rivelato contemporaneamente condivisibile e inaccettabile.

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.