ARCHIVIO SPETTACOLI

    Armine, Sister, Teatr Zar (2015)

    Titolo: Armine, Sister

    drammaturgia musicale, installazione, direzione: Jarosław Fret
    performer/musicisti: Davit Baroyan, Ditte Berkeley, Przemysław Błaszczak, Alessandro Curti, Jarosław Fret, Murat Içlinalça, Dengbej Kazo, Aram Kerovpyan, Vahan Kerovpyan, Kamila Klamut, Aleksandra Kotecka, Simona Sala, Orest Sharak, Mahsa Vahdat, Marjan Vahdat, Tomasz Wierzbowski
    laboratorio permanente di canto modale diretto da: Aram Kerovpyan
    collaborazione vocale: Virginia Pattie Kerovpyan
    scenografia realizzata da un team diretto da: Piotr Jacyk: Maciej Mądry, Krzysztof Nawój, Paweł Nowak, Bartosz Radziszewski, Andrzej Walada
    luci: Maciej Mądry
    coordinamento del progetto: Magdalena Mądra
    con il supporto del Ministero della Cultura e del Patrimonio Nazionale della Repubblica Polacca

    Armine, Sister è uno spettacolo dedicato alla storia, alla cultura del popolo armeno e al dramma del suo genocidio.

    Fin dal principio Armine, Sister è stata pensata come un’evocazione con cui non siamo noi a rivolgerci ai morti, ma con cui a chiamare sono gli spiriti dei defunti che anelano a rivelare le tracce del loro passato, a renderlo visibile, a dissotterrarlo.
    Armine, Sister sono anche le prime due parole di una lettera con un indirizzo illeggibile, condannata a vagare nel tempo e nello spazio, senza mai arrivare a destinazione.

    Piuttosto che focalizzarsi sulla storia degli eventi del 1915 o sulla storia del negazionismo, Teatr Zar ha preferito concentrarsi sulla storia dell’ignoranza che nell’Europa contemporanea alimenta e conduce alla non-azione. D’altro canto, la storia dell’ignoranza include anche la storia della costruzione di un “silenzio concordato” che riguarda qualunque atto di violenza. Gli eventi in Anatolia all’inizio del XX secolo dovrebbero portare verso un dibattito più ampio sul “testimoniare dopo la testimonianza”, un tema che diventa una lezione sull’identità.

    Armine, Sister affronta il processo del farsi carico della memoria e di quanto doloroso questo possa essere. Vuole anche dare un nome/un’identità al “dove” ci troviamo in relazione con le generazioni passate, per cercare di comprendere chi siamo – noi, che stiamo sempre dall’altro lato della memoria come si sta dall’altro lato di una macchina fotografica. Noi che guardiamo la storia attraverso uno spioncino, vedendo solamente orme, ombre, pensieri.

    Armine, Sister segna un cambiamento radicale nel lavoro del Teatr Zar. Costituitosi dall’esperienza di dieci anni di lavoro sul canto polifonico (Teatr Zar è l’unico ensemble al mondo, soprattutto per quanto riguarda la difficoltà della tecnica vocale richiesta, che può esibirsi nelle canzoni funerarie della Svanezia/Georgia così come nei canti sardi tradizionali), il gruppo ha ora deciso di lavorare sulla tradizione monodica dell’Anatolia. Il nuovo training vocale e le sue tecniche hanno richiesto un processo di due anni di studio e di “incorporazione” dei canti. I nuovi materiali vocali sono stati ricomposti, armonizzati e orchestrati con l’obiettivo di creare un dramma musicale contemporaneo.
    La sensibilità poetica del Teatr Zar è stata ampliata proprio attraverso l’esplorazione del suo potenziale narrativo. È stato costituito un nuovo gruppo internazionale di performer, tra cui alcuni maestri cantori dell’Iran, Armenia, Anatolia e Istanbul. Il gruppo mantiene al centro del proprio lavoro le tradizioni liturgiche armene – da quelle monodiche della Chiesa della SS. Trinità in Istanbul, alle composizioni di Marak Ekmalian, alle collezioni di Komitas intessute con le tradizioni più orientali della Persia e del Kurdistan.

    SGUARDAZZI/RECENSIONI