ARCHIVIO SPETTACOLI
Chi ruba un piede è fortunato in amore, Fo-Gallo-Guerrieri (2020)
Titolo: Chi ruba un piede è fortunato in amore
di Dario Fo
con Massimo Grigò, Alessia Innocenti, Annibale Pavone, Tommaso Massimo Rotella, Tommaso Taddei
scene e costumi I Sacchi di Sabbia
realizzazione scene Laboratorio del Teatro Metastasio
capo macchinista costruttore Tobia Grassi
realizzazione piede Noela Lotti
musiche originali di Fiorenzo Carpi
arrangiate ed eseguite da Tommaso Novi
regia Giulia Gallo e Giovanni Guerrieri/I Sacchi di Sabbia
produzione Teatro Metastasio di Prato
collaborazione I Sacchi di Sabbia ed Armunia
“Per ordire una truffa ai danni di un’impresa di costruzioni, due ribaldi rubano in un museo il piede di una statua romana e lo seppelliscono nel terreno dove l’impresa sta iniziando a costruire. Così, dopo essersi finti archeologi e aver minacciato i ‘palazzinari’ di bloccare il cantiere, riescono ad estorcere loro un’ ingente somma di denaro. Uno dei truffatori realizza così il sogno vagheggiato da una vita: comprarsi un taxi e lavorare onestamente. Ma il destino gioca un tiro mancino al nostro neo-tassista, che si ritrova ad accompagnare a casa proprio la moglie di uno dei due imprenditori gabbati, di cui finisce per invaghirsi. Quivi rispunta il piede e con esso il marito truffato, il socio di lui nonché amante di lei, un chirurgo estetico, un poliziotto e chi più ne ha più ne metta. Prende vita una commedia degli equivoci folle, circense, a volte scollacciata, corrosiva della morale comune, a cui fa da sfondo il mito classico di Apollo e Dafne (così si chiamano infatti i due protagonisti), che adombra una malinconica storia d’amore”.
È un Dario Fo scanzonato, erede del circo e dell’avanspettacolo, ancora lontano dalla politica, quello che emerge da questa commedia scritta ormai quasi sessant’anni or sono, in cui i personaggi sembrano scolpiti dai tempi comici, più che dalla trama, e dove la ‘trovata’ governa la struttura, come nella migliore tradizione della Commedia dell’Arte. Più che altrove, la comicità di Dario Fo assume una peculiare forma di crudeltà. Qui il comico non vuole ‘insegnare’ niente; sembra piuttosto dirci, a sessant’anni di distanza: questa è la vita, sta a voi spettatori decidere se riderci o no.