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    ARCHIVIO SPETTACOLI

    Don Giovanni, A. Preziosi (2014)

    Titolo: Don Giovanni
    Regia: Alessandro Preziosi

    di Molière
    traduzione e adattamento Tommaso Mattei
    regia Alessandro Preziosi
    con Alessandro Preziosi e Nando Paone nel ruolo di Sganarello
    scene Fabien Iliou
    costumi Marta Crisolini Malatesta
    musiche Andrea Farri
    luci Valerio Tiberi
    supervisione artistica Alessandro Maggi
    produzione Khora.teatro e Teatro Stabile d’Abruzzo

    Note di regia: Quando il mare è agitato, i flutti spumeggianti formano un tale turbinio di immagini, quasi degli esseri viventi, ed è come se fossero questi esseri a mettere in moto i flutti; e tuttavia, al contrario, è l'agitarsi dei flutti a formarli. Così Don Giovanni è un immagine che compare costantemente ma non acquista mai contorni né consistenza; un individuo che è formato constantemente ma non viene mai compiuto, e nella cui storia non s'apprende nient'altro se non s' ascolta il fragore dei flutti.
    Søren Kierkegaard
    Donn'Anna: Chi siete dunque?
    Don Giovanni: Un'infelice, vittima di una passione disperata.
    Don Giovanni è un mito senza tempo, estremamente moderno, rielaborato innumerevoli volte in diverse epoche e da differenti personalità artistiche, ma nonostante di Don Giovanni si sia tanto scritto e discusso, il personaggio non si lascia definire, resta per così sfuggente.
    Il desiderio di riproporre oggi una visione originale di questo classico nasce dalla consapevolezza che il personaggio è ancora oggi di grande attualità e non basta prendere una versione di un singolo autore e riadattarlo.
    La storia nel nostro allestimento ci viene raccontata, come per la prima volta si suppone l'abbia udita da Da Ponte, con l'intento di farci toccare da vicino e sotto i nostri occhi, da inizio a fine, il processo creativo con la prospettiva visionaria di dar luogo comunque a qualcosa di inesplorato e di ripercorrere con occhi contemporanei il viaggio di chi ci ha preceduto.
    L'obbiettivo di una regia pensata come nel cinema oggi si fa con il tridimensionale è di accendere nella fantasia degli spettatori il piacere dei sensi, facendo materializzare sotto i loro occhi, uno dei più affascinanti archetipi letterari della cultura occidentale.
    La messa in scena riunisce quindi sotto la sua egida il piano realistico della commedia di "cappa e spada" e quello fantastico/simbolico del soprannaturale, che racchiude la morale finale tipica del canovaccio di Tirso, tendendo ad esaltarne l'estremo vitalismo anche quando l'invito al godimento dei sensi sembra solo prendere origine dal tedium vitae e dal vuoto interiore.
    Don Giovanni, con la sua frenesia, il suo essere oltre, il suo slancio vitale e il suo destino di morte, attira tutti gli altri personaggi, sia uomini che donne; anche quando lo odiano o lo negano, non fanno che pensare a lui, parlare di lui, agire per lui.
    Il protagonista è un personaggio seducente, figura ricca di controluce, sempre in scena, autentico funambolo del trasformismo, come se ad ogni conquista cambiasse pelle.
    Il vero peccato di Don Giovanni però non sta nel suo comportamento irrispettoso, bensì nel pensare impunemente che come con la giustizia terrena, dove forte dei suoi privilegi riesce sempre ad avere la meglio, anche con quella divina potrà al momento opportuno trovare un modo per salvarsi.
    Don Giovanni diviene così emblema di una spensierata gioia di vivere, del piacere sensuale, dell'intelligenza strategica messa al servizio degli inganni e del disprezzo verso l'irrazionale anche se finisce per accostarsi comprende, anche alla sfera del divino, restando avviluppato nella sua coscienza nel mistero del finale.
    Alessandro Preziosi

    In Italia seicento e quaranta,
    In Lamagna duecento e trentuna,
    Cento in Francia, in Turchia novantuna,
    ma in Ispagna son già mille e tre
    (Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni, atto I, scena V, aria n.4)

    Le versioni del mito di Don Giovanni sono ben superiori alle donne sedotte dall΄ammaliatore sivigliano e contano oltre 4000 riscritture. Già quando, dopo il grande successo delle Nozze di Figaro, Pasquale Bondini, direttore del teatro di Praga, commissionò a Mozart una nuova opera, il Don Giovanni , suggerito da Lorenzo da Ponte era un soggetto già ampiamente trattato e molto famoso presso il pubblico. Numerosissime erano state le rappresentazioni teatrali con protagonista questo personaggio, la cui immensa fortuna letteraria era cominciata nel 1630, quando Tirso de Molina, probabilmente ispirandosi a racconti popolari che utilizzavano i padri Gesuiti, negli spettacoli edificanti dei loro piccoli allievi facendone il prototipo dell’eretico blasfemo per definizione., scrisse il suo Burlador de Sevilla. Venne in seguito ripreso dalla Commedia dell’Arte italiana, che lo incluse nel suo repertorio accentuando gli aspetti più comici della vicenda. Molière, attinge a queste fonti italiane e le rielabora per ricavarne un suo personale Don Giovanni: ritraendolo come un personaggio raffinato, cinico, dissacrante, in aperta opposizione con le convenzioni sociali, pronto a burlarsi anche della religione. Da Ponte prese, per così dire, il meglio di ciascuna fonte, eliminando i personaggi minori e creando una storia con una grande varietà di toni: un dramma giocoso in cui il comico e il drammatico si incrociano di continuo, e in cui agiscono personaggi di estrazione sociale molto diversa (aristocratici, servitori, contadini). Da Ponte ha steso nella compresenza di toni drammatici e comici un materiale drammaturgico teso a coniugare l’esaltazione ed il senso tragico dell’opera suggerito da Mozart, e le mirabili leve sulle parti comiche, necessarie per meglio andare incontro al gusto del pubblico. A quasi quarant’anni dalla morte di Mozart (1791), Puskin, il più innovativo tra i poeti e narratori del romanticismo russo scrive nel 1830 Il convitato di pietra – variazione sul tema del Don Giovanni – dove la statua del Commendatore è convocata dal Don Giovanni non a un banchetto, ma, con cinica empietà, ad assistere al suo incontro amoroso con la di lui vedova, incontro che si concluderà con la morte del seduttore per la stritolante stretta della marmorea mano dell’ ospite incautamente invitato. Il Don Giovanni di Puskin non è un banale donnaiolo, collezionista di femmine per sfogo fisiologico o edonistico svago, ma a dominare è una volontà di potenza, di affermazione di sé che nasce da un vuoto esistenziale, da una sorta di noia metafisica, e insieme da un timore di fallimento. Un Don Giovanni che, prossimo al termine della sua carriera, diviene finalmente capace di amare.

     

     

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