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    ARCHIVIO SPETTACOLI

    Il registro dei peccati, M. Ovadia (2013)

    Titolo: Il registro dei peccati. Rapsodia lieve per racconti, melopee, narrazioni e storielle
    Regia: Moni Ovadia

    testi e regia di Moni Ovadia
    con Moni Ovadia
    produzione Promo Music Bologna

    Note di regia: Il mondo raccontato da Marc Chagall nei suoi celeberrimi dipinti e disegni è una creazione della sua straordinaria fantasia di genio artistico o è esistito realmente? Il mondo e l’umanità che Chagall ha trasfigurato nella sua arte suprema è autenticamente esistito. Fu un mondo vero pulsante, fatto di esseri umani troppo umani e per questo inadatti ad un pianeta posseduto dai demoni della violenza, del razzismo, del delirio nazionalista.
    La spritualità di quella gente della diaspora ebraica che vestiva in bianco e nero era davvero coloratissima, lo era con i colori del fervore estatico eppure quotidiano. Il linguaggio più autentico con cui si espressero quegli ebrei fu quello del khassidismo germinato sul crinale di un crocevia dove il pensiero spirituale più estremo e abissale si coniuga con la semplicità profonda di una pietas irrinunciabile per la più insignificante delle manifestazioni dell’esistente. Il khassidismo è la celebrazione della fragiità umana e della sua bellezza, in quella celebrazione si riconosce la maestà ineffabile del divino che non si vede, il cui nome è impronunciabile, e ciò nonostante con quel divino si intrattengono relazioni di familiarità e persino di prossimità irriverente, senza che questa contraddizione trascorra mai nella blasfemia. Il divino nella visione khassidica accoglie come figlio prediletto colui che osa polemizzare con il Santo Benedetto e perfino chi pretende di sottoporLo a processo per i mali del Mondo. Quel divino viene celebrato sì con la preghiera e con lo studio, ma anche con il canto, la danza, la narrazione e predilige l’umorismo il cui esprìt era sommamente stimato dai grandi maestri del khassidismo che ne apprezzavano il potere anti idolatrico.
    Moni Ovadia conduce per mano lo spettatore verso un mondo straordinario che è stato estirpato dal nostro paesaggio umano e spirituale dalla brutalità dell’odio, ma che ci parla e ci ammaestra anche dalla sua assenza attraverso un’energia che pulsa in chi la sa acoltare ed accogliere perché sente di potere costruire in sé, per sé e per l’altro, un essere umano migliore, più degno e più consapevole del proprio statuto spirituale. Il grande teologo cattolico Teillard de Chardin ha scritto:”noi non siamo esseri materiali che vivono un’esperienza spirituale, noi siamo esseri spirituali che fanno un’esperienza materiale”. Gli ebrei del khassidismo come forse nessun altro nella terra d’Europa hanno letteralmente incarnato nel loro modo di vivere concreto e mistico la straordinaria intuizione del grande teologo francese. Incontrare quel mondo anche solo nel riverbero delle sue iridescenze percepire i profumi della sua anima e ascoltarne la voce è un esperienza indimenticabile che trascende la hybris dei religiosi, spiazza ogni ortodossia clericale e smaschera la miseria dei baciapile.

    Il registro dei peccati, scritto, diretto e interpretato da Moni Ovadia è interamente  dedicato al racconto del mondo e della cultura yiddish.

    Lo spettacolo teatrale prodotto dalla Promo Music di Bologna, si configura come un racconto nel quale Moni Ovadia, attraverso stralci di Franz Kafka, Martin Buber e altri esponenti del chassidismo, conduce il pubblico alla scoperta di quella spiritualità che è alla base dell’opera di pensatori come Freud, Einstein, Marx, Trotsky e artisti come Marc Chagall, che hanno dato un contributo significativo al sapere moderno. Sicuramente è uno spettacolo diverso rispetto a quelli a cui l’artista ci ha abituato. Poche parole iniziali e poi si entra in un mondo di personaggi e vicende tutte ricreate dalla sua voce unica sdoppiata in dialetti. Parlate del nostro pianeta. Non vi è un’apparente coerenza. A volte si abbandona a canti dalla tessitura primitiva carichi di pianti, gioie, preghiere. Fratellanza ritrovata. Perduta. Cercata al di là di ogni sciocco confine nazionalistico.  Ovadia si lascia guidare da quella piccola pila di carte aperte in due davanti ai suoi occhi ed è come se proprio in quei fogli trovasse le conferme ai suoi commenti sull’attualità, sulla politica, su quesiti riguardanti questioni particolari ed universali, mostrandoci così come certe cose siano l’essenza di ogni uomo. Verità intaccabili, intatte e non logorate dai secoli che passano.

    SGUARDAZZI/RECENSIONI