ARCHIVIO SPETTACOLI
La fanciulla del West, G. Puccini, Meena-Stefanutti (2017)
Titolo: La fanciulla del West
opera in tre atti su libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini
dal dramma The Girl of the Golden West di David Belasco
musica Giacomo Puccini
(Edizioni Casa Ricordi, Milano)
Minnie Amarilli Nizza / Kristin Sampson
Jack Rance Elia Fabbian / Enrico Marrucci
Dick Johnson Enrique Ferrer / Mikhail Sheshaberidze
direttore James Meena
regia, scene, costumi Ivan Stefanutti
Orchestra della Toscana
coproduzione Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Lirico di Cagliari, Opera Carolina, New York City Opera, Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro Pavarotti di Modena, Teatro di Pisa, Teatro Goldoni di Livorno
È quasi superfluo raccontare la trama di questo capolavoro pucciniano, molto amato dal pubblico degli appassionati fin dal suo debutto a New York, nel 1910 (con Enrico Caruso, Emmy Destinn, Pasquale Amato e Arturo Toscanini sul podio). Ambientata nel lontano West di metà Ottocento, ai tempi della febbre dell’oro, fra rudi cercatori, sceriffi e banditi, saloon e linciaggi, la vicenda si impernia sul classico triangolo assai caro all’autore: lei (Minnie), proprietaria di un saloon, è corteggiata dallo sceriffo (Rance) ma ama riamata il bandito (Dick Johnson)… Mille le peripezie e i colpi di scena, fino – questa volta – al lieto fine, singolare per le eroine pucciniane destinate solitamente a sorti assai tristi, il più delle volte alla morte.
Considerata come “anomala” all’interno della produzione del grande compositore lucchese, con le sue evidenti arditezze armoniche che guardano a Strauss e Debussy e con un’ambientazione insolita, deliberatamente ricercata per impressionare il pubblico americano, La Fanciulla del West è anche reputata come l’opera della svolta, quella che prelude al Trittico e a Turandot. È del resto palpabile, in quest’opera, la tensione di Puccini verso un continuo aggiornamento, una tensione vissuta ed estrema, ai confini dell’ansia, come attesta fra l’altro la lunghissima gestazione.