ARCHIVIO SPETTACOLI

    Macbeth, le cose nascoste, Rifici-Demattè (2020)

    Titolo: Macbeth, le cose nascoste

    da William Shakespeare
    progetto e regia Carmelo Rifici
    drammaturgia Angela Demattè e Carmelo Rifici
    dramaturg Simona Gonella
    équipe scientifica Dottore Psicoanalista Giuseppe Lombardi
    e Dottoressa Psicoanalista Luciana Vigato
    con (in ordine alfabetico) Alessandro Bandini, Angelo Di Genio, Tindaro Granata, Leda Kreider, Christian La Rosa, Maria Pilar Pérez Aspa, Elena Rivoltini
    scene Paolo Di Benedetto
    costumi Margherita Baldoni
    musiche Zeno Gabaglio
    disegno luci Gianni Staropoli

    video Piritta Martikainena

    assistente alla regia Ugo Fiore

    produzione LAC Lugano Arte e Cultura
    in coproduzione con Teatro Metastasio di Prato, TPE – Teatro Piemonte Europa, ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, Centro Teatrale Santacristina

    Sponsor di produzione e coproduzione Clinica Luganese Moncucco

    Dopo Ifigenia, liberata, Carmelo Rifici prosegue la sua indagine sugli archetipi dell’inconscio collettivo. Ancora una volta il teatro si fa spazio di condivisione profonda.

    Come in Ifigenia, liberata, ma in modo ora dirompente, Rifici cerca nella destrutturazione un nuovo spazio di condivisione tra attori e spettatori per indagare sul rapporto del mondo contemporaneo con la pulsione e il desiderio. Il lavoro guarda negli occhi la dimensione archetipica sottesa al testo shakespeariano e decide di affrontarla chiedendo l’appoggio e la complicità di una coppia di psicanalisti junghiani. Dal confrontarsi con loro e dall’esplorazione ben più che teorica del rapporto psicanalista/ paziente/ oggetto scaturisce una rinnovata lettura del testo e del lavoro con gli attori. Allo stesso modo aleggia l’intuizione che, per questo lavoro, sia necessario costruire una diversa relazione con il pubblico che lo porti a dialogare realmente con quell’aspetto di pulsione e desiderio che è alla base non solo del Macbeth ma delle ragioni per cui il progetto ha avuto inizio. “Thrice to thine, and thrice to mine, and thrice again, to make up nine”. Il numero tre sembra appartenere alla logica di indagine sul materiale testuale ed immaginifico: si pensa ad un adattamento del testo per tre personaggi, si ragiona su una tripartizione dell’azione (rapporto con il pubblico, rapporto fra l’attore e il proprio inconscio, relazione/messinscena del testo shakespeariano), si affronta la ricerca ed il viaggio verso lo spettacolo con un dialogo fra il regista e l’autore, la drammaturga e il dramaturg.

    SGUARDAZZI/RECENSIONI