ARCHIVIO SPETTACOLI
Mefistofele, A. Boito, Pasqualetti-Stinchelli (2016)
Titolo: Mefistofele
opera in un prologo, quattro atti e un epilogo
di Arrigo Boito
libretto di Arrigo Boito
da Goethe
Mefistofele Giacomo Prestia
Faust Antonello Palombi
Margherita Valeria Sepe
Elena Elisabetta Farris / Alice Molinari
Marta Sandra Buongrazio
Nereo Sergio Dos Santos
Pantalis Moon Jin Kim
Wagner Sergio Dos Santos
direttore Francesco Pasqualetti
regia Enrico Stinchelli
scene Biagio Fersini su ideazione di Enrico Stinchelli
videomaker Mad About Video (MAV) di Malta
disegno luci Michele Della Mea
Orchestra della Toscana
CLT Coro Lirico Toscano (M° del Coro Marco Bargagna)
con la partecipazione di
Coro dell’Università di Pisa e Laboratorio Lirico San Nicola (M° del Coro Stefano Barandoni)
Pueri Cantores di San Nicola e Santa Lucia (M° del Coro Emma Zanesi)
nuova coproduzione Teatro di Pisa (capofila), Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Sociale di Rovigo
Il 5 marzo 1868, alla Scala di Milano, andava in scena il Mefistofele di Arrigo Boito: vivissima era l’attesa per l’opera di questo esordiente, letterato e musicista di ventisei anni, padovano, ma punta di diamante dell’intellettualismo scapigliato della capitale lombarda, e già molto conosciuto per le sue radicali posizioni progressiste, wagneriane, come si diceva allora, per i nuovi ideali estetici proclamati nella sua attività di critico musicale e di poeta. Nell’entusiasmo per le tematiche della cultura germanica, care alla scapigliatura fino a Catalani, ai giovani Mascagni e Puccini, quale testo meglio del Faust poteva servire alla realizzazione dell’ambizioso progetto di rinnovamento dell’opera italiana? E, naturalmente, non solo la vicenda amorosa di Margherita, già cantata sulle scene da Charles Gounod, ma tutto il poema, con i suoi episodi di impegno politico, filosofico, religioso, in cui si sarebbero evidenziate le aspirazioni al nuovo del giovane compositore che, secondo l’esempio wagneriano, si era da solo preparato il complesso libretto. Con in più la scelta di sostituire nel ruolo di protagonista Faust con Mefistofele, «l’incarnazione del No eterno al Vero, al Bello e al Buono», nell’enunciazione dello stesso Boito, ma anche «il dubbio che genera la scienza, il male che genera il bene». Alla ‘prima’, però, il Mefistofele ebbe un insuccesso clamoroso, decretato da un pubblico costretto a stare a teatro per quasi sei ore; di qui i tagli, i rifacimenti e infine la riabilitazione dell’opera nella ‘wagneriana’ Bologna nel 1875.
Nella sua riscrittura, Boito compie un radicale intervento sul suo lavoro, lo trasforma in un dramma d’amore dove la figura di Margherita torna ad assumere un rilievo centrale, e imprime all’opera un taglio più in sintonia con il gusto coevo, anche se non pochi episodi e alcune soluzioni originali meritano ancora attenzione e apprezzamento: ma più sul piano dell’invenzione musicale che su quello drammaturgico, in cui un alto artigianato letterario e un nobile impegno intellettuale non sono sufficienti a creare un teatro nuovo per l’Italia post-unitaria, ma solo a documentarne le aspirazioni alquanto velleitarie e retoriche. Alle spalle del dotto musicista stanno, assai più che i maestri del nostro teatro lirico, i compositori d’oltralpe: Gluck e la sua ricerca sul recitativo, Mendelssohn e il fantastico, anche il Beethoven della Sonata ‘a Kreutzer’), con echi delle eroiche sonorità wagneriane. Il tutto innestato su una autentica vena sentimentale, su una cantabilità quasi da romanza da salotto.