S’infittisce il Calendazzo, provvido termometro dell’attività scenica in area nord-toscana: a una settimana di relativa tranquillità, ne segue una certamente più intensa. Tagliamo corto, per quanto ce ne sarebbe ugualmente da dire (abbiamo in mente un piccolo caso, sfuggito ai più, in cui organizzatori di sedicente qualità han dato sfoggio di sesquipedale e sessista ineleganza; moneta che ci pare sin troppo corrente, ed è male), ma ci sforziamo di mirare al bello, e dunque procediamo lesti senza perdere tempo.
Lucca e provincia – Comicità, absurdismi e teatro canzone
Da martedì, sei giorni senza buchi per l’ampia area che fa capo all’arborato cerchio: si parte la sera del 21, sulla costa, allorquando, al ritrovato Jenco di Viareggio, andrà in scena la celebre commedia di Dario Fo e Franca Rame dal titolo Coppia aperta quasi spalancata; nei panni del Nobel e di quella grande attrice che fu la di lui moglie, Alessandro Federico e Chiara Francini, per un accostamento che ci fa temere per loro.
Di buono, senza dubbio, la progressiva circolazione di opere del Dario nazionale nel repertorio italiano: abbiamo visto da pochissimo Chi ruba un piede è fortunato in amore (regia dei Sacchi di Sabbia; ne scriveremo al più presto) e siamo assai felici che, nei fatti, si superi l’idea (già vecchia a suo tempo) delle commedie di Fo “troppo legate” alle sue indubbie doti interpretative. Di autore si tratta, magari da contestualizzare, criticare, capire, ma era ora che lo si vedesse.
Ci spostiamo vicino al capoluogo, mercoledì 22: in quel di Capannori (allo Spazio Artè), in scena Platero y yo, allestimento teatral-musicale che vede l’apprezzato Ugo Dighero portare in scena il testo di un altro Nobel, lo spagnolo Juan Ramón Jiménez, con l’accompagnamento alla chitarra da Christian Lavernier. Nel 1960, a 46 anni dalla redazione del poema, il compositore Mario Castelnuovo-Tedesco ne mette in musica 28 capitoli, scelti tra i più belli e significativi, dando vita a un’opera per voce narrante e chitarra di estrema complessità e splendida leggerezza. Siamo assai curiosi.
La stessa sera, in quel di Bagni di Lucca (Teatro Accademico), ecco Stivalaccio Teatro, compagnia già vista alle prese con il teatro ragazzi (ricordiamo il pregevole La bella e la bestia, presentato al Lucca Teatro Festival 2018), che porta in scena, in un cartellone “per adulti” (sembra di parlare di un porno) Arlecchino furioso. Per chi avesse dubbi e imbarazzi su cosa scegliere nella serata, senza nulla togliere all’Accademico, riportiamo per informazione che lo stesso lavoro sarà a Montecarlo (Teatro dei Rassicurati, mercoledì 29). In ogni caso, lo consigliamo senz’altro.
Doppio appuntamento, seppur a buona distanza, pure per giovedì 23: al Cinema Teatro Puccini di Altopascio, ritorna Michele Sinisi che, a quasi un anno esatto dalla sua rilettura manzoniana I promessi sposi, vi arriva da semplice attore, protagonista di Platonov: testo cechoviano con regia affidata a Marco Lorenzi; il teatrante pugliese sarà affiancato in scena da solidi attori (molti di Elsinor, che coproduce) come Stefano Braschi e Stefania Medri. Potremmo fare un salto, sempre che non prevalga la voglia di vedere la traduzione scenica di un grande romanzo del nostro Novecento: a Seravezza (Scuderie Granducali), infatti, ecco Fontamara, adattato da Francesco Niccolini e diretto da Antonio Silvagni. Siamo combattuti.
Approdiamo alla fine di settimana: confessiamo che, nel leggere la ben tornita presentazione di Il silenzio grande (regia di Alessandro Gassmann, protagonista Stefania Rocca), allorquando si accenna al grande successo della versione scenica di Qualcuno volò sul nido del cuculo, la mente balza lestissima a una delle più pregnanti e gustose recensioni pubblicate su questi schermi, a partite dal titolo. Paolini (non Marco), ci manchi assai.
Spieghiamo: fidatevi il giusto delle note di regia e dei comunicati, perché lo scopo di tali scritti è, quasi sempre, auto-promozionale; in realtà, l’esperimento sul capolavoro filmico di Forman fu assai deludente, a prescindere dagli applausi del pubblico, che quando si trova in una sala teatrale è, pure in epoche arrabbiate come questa, sin troppo mansueto e per nulla esigente. Ciò non toglie che, magari, questo lavoro sul testo di Maurizio Di Giovanni possa essere davvero pregevole. Chissà. Avete da venerdì sera a domenica pomeriggio per controllare: magari, potreste trovarvi accanto a un arlecchino col biglietto in incognito.
Chiudiamo con la bella proposta del Teatro Alfieri (Castelnuovo Garfagnana) per sabato 25: il titolo Chiedo scusa se parlo di… Gaber è già, di per sé, interpolazione gaberiana del brano Chiedo scusa se parlo di Maria, contenuto negli spettacoli (e relativi album) Far finta di essere sani e Anche per oggi non si vola. A dirci del compianto cantattore, qualcuno che lo conosceva più che bene, Sandro Luporini, pittore nella vita, e autore dei testi che tanto hanno contribuito a far affermare il teatro canzone: si tratterà, a quanto ci sembra di aver capito, di alcune riflessioni che lo scrittore affiderà all’interpretazione di Alessandro Bertolucci, scortato in scena da una band composta da vari musicisti che hanno accompagnato gli ultimi spettacoli di Gaber medesimo. Niente male.
Pisano – Il peso della memoria e un po’ d’amore
Moltissimi gli appuntamenti nella provincia pisana, tutti tra giovedì 23 e domenica 26.
Continuano i monologhi al Circolo Caracol: giovedì, Paolo Giommarelli incontra Ovidio, raccontando la sua Ars amatoria. Accompagnato dal contrabbassista Matteo Anelli, l’attore pisano ci trasporta nella Roma Imperiale, dando consigli per la ricerca dell’amore: «È dedicato particolarmente agli uomini, e insegna loro come cercare la donna da amare, come conquistarla e come mantenerne a lungo l’amore. È dedicato alle donne, e insegna loro tutte le malizie per conquistare l’uomo». Testo molto affascinante, e persino divertente, alla cui messa in scena non ci dispiacerebbe assistere.
Ben due occasioni venerdì: al Teatrino dei Fondi di San Miniato abbiamo Frollo, storico titolo del repertorio da narrattore di Marco Baliani, composto a quattro mani assieme a Mario Bianchi. Frollo è un eroe bambino, che si incammina per trovare il rimedio all’insaziabile fame del figlio del re: «La storia, oltre che attraversare i luoghi mitici della antropofagia fiabesca, quelle esperienze che hanno a che fare col cibo, col mangiare ed essere mangiati, con la fame e con l’insaziabilità, è anche una metafora della nostra società dei consumi pronta a divorare ogni cosa». Si tratta senza dubbio di una gran bella occasione, per vedere una sorta di “classico” del teatro di narrazione italiano, realizzato oltre vent’anni or sono.
Lo stesso giorno al Teatro Comunale di Lari c’è invece Ich war da – Io ero là, di e con Marco Brinzi e Caterina Simonelli. Conosciamo bene entrambi gli attori, come attestano svariate recensioni (qui, qui e qui alcuni esempi), ma non abbiamo mai sguardazzato uno spettacolo in cui si trovassero insieme, potrebbe essere un’interessante occasione. Brinzi è un soldato tedesco, Simonelli una giornalista italiana, e insieme ricordano, da parti opposte, l’orrore della strage perpetrata a Sant’Anna di Stazzema il 12 agosto 1944: «Un atto di memoria condivisa attraverso il teatro affinché un passato così atroce nel caso si ripresentasse in forme nuove venga riconosciuto e da subito denunciato».
Il teatro incontra il grande cinema al Teatro Era di Pontedera, dove sabato e domencia va in scena, I soliti ignoti, adattamento di Antonio Grosso e Pier Paolo Piciarelli del film di Monicelli, uscito nel 1958: «Le gesta maldestre ed esilaranti di un gruppo di ladri improvvisati sbarcano sulle scene rituffandoci nell’Italia povera ma vitale del secondo dopoguerra. L’adattamento di Antonio Grosso e Pier Paolo Piciarelli è fedele alla sceneggiatura di Age e Scarpelli, senza rinunciare a trovate di scrittura e di regia per rendere moderna quell’epoca lontana». La regia è curata da Vinicio Marchioni, attore anche di cinema che sul palco è affiancato da Giuseppe Zeno, anche lui attore di cinema. Non ne sappiamo altro, perciò non ci dilunghiamo.
Altri due appuntamenti per sabato 25: al Teatro delle Sfide di Bientina Gli ultimi saranno gli ultimi, spettacolo di Massimiliano Bruno, sceneggiatore di un certo risalto e autore di Paola Cortellesi. La performance ha la forma di un monologo che Gaia Nanni recita affiancata dall’accompagnamento musicale di Gabriele Doria. Un’operaia incinta si ritrova disoccupata alla vigilia del parto: «Una vicenda vissuta tutta in una note, esilarante e dissacrante, autentico capolavoro tragicomico, figlio dei nostri tempi, pronto a sorprendervi commossi e divertiti».
A Molina di Quosa (Magazzino di Antonio) c’è invece Bepi. Vita, fisime e batticuori di Giuseppe Viviani, pittore e arsellaio, performance di e con Marco Azzurrini e Francesco Bottai (compositore, quest’ultimo, delle musiche che accompagnano la rappresentazione). “Bepi” è Giuseppe Viviani, pittore e incisore originario di Marina di Pisa che raggiunse fama mondiale nel dopoguerra. Azzurrini e Bottai raccontano con leggerezza la storia di una vita inizialmente priva di eccezionalità e poi interessantissima.
Terminiamo con Il cartografo, domenica al Teatro Nuovo di Pisa, un lavoro collettivo che vede in scena Valentina Bischi, Giovanni Campolo, Daniela Scarpari, Tazio Torrini e Alessio Trillini, artista che realizza disegni dal vivo durante la performance. Lo spettacolo racconta la storia della carta del ghetto ebraico di Varsavia, disegnata da un cartografo nel 1940 per metterne in salvo gli abitanti. Questa storia di un passato relativamente remoto si interseca con il presente anch’esso problematico di una famiglia polacca: «tragedie storiche collettive e tragedie intime si intessono a vicenda nel medesimo spazio di una città che ha rapidamente chiuso col passato per inseguire un presente di rapido sviluppo». La drammaturgia è di Juan Mayorga. Ci sentiamo di consigliarlo, e non escludiamo di potervene presto parlare.
Oltreconfine e lirica − Cinema e classiconi
Da martedì 21 a domenica 26 a Prato (Teatro Fabbrichino) la compagnia Kepler-452, formata da Nicola Borghesi, Enrico Baraldi e Paola Aiello, porta in scena Il giardino dei ciliegi. Trent’anni di felicità in comodato d’uso. La decisione di adattare e attualizzare il testo di Čechov nasce in seguito a un lavoro di ricerca condotto sugli sgomberi a Bologna che ha portato il gruppo teatrale a dialogare con gli abitanti del territorio: «Abbiamo parlato con molte persone aprendo un immaginario sull’argomento. Finché non abbiamo incontrato Annalisa Lenzi e Giuliano Bianchi. Abbiamo subito capito che era la storia che volevamo raccontare». Nel cast, Annalisa e Giuliano, proprio quelli veri, Paola Aiello, Nicola Borghesi e Lodovico Guenzi (che qualcuno potrebbe riconoscere come il frontman del gruppo Lo Stato Sociale). Se l’idea vi piace, occhio agli orari: da martedì a venerdì alle 20:45, sabato alle 19:30 e domenica alle 16:30.
Ci spostiamo a Pistoia, dove ci troviamo ancora una volta alle prese con la traduzione scenica di una pellicola cinematografica. Ferzan Ozpetek firma la sua prima opera teatrale con Mine vaganti, adattamento della pellicola (da lui stesso firmata nel 2010) che conseguì due David di Donatello, cinque Nastri d’argento, quattro Globi d’oro. Se questo non bastasse a raccogliere pubblico, il cast è composto da Francesco Pannofino, Paola Minaccioni, Arturo Muselli e Giorgio Marchesi. Siamo curiosi ma non troppo. Se ci tenete, appuntamento al Teatro Manzoni, da venerdì 24 a domenica 26, alle 21:00.
Per quanto riguarda la lirica, l’unico appuntamento è al Teatro Verdi di Pisa con il sempre apprezzabile Don Giovanni di Mozart e Da Ponte. L’allestimento, frutto di una coproduzione tra Teatro di Pisa, Fondazione Stiftung Haydn di Bolzano e Trento, Teatro Goldoni di Livorno, Teatro del Giglio di Lucca, vede alla guida due artiste: sul podio orchestrale Erina Yashima, allieva della Riccardo Muti Italian Opera Academy e, alla regia, Cristina Pezzoli, firma oramai consueta del panorama nazionale. Tra gli interpreti Daniele Antonangeli (Don Giovanni), Sonia Ciani (Donna Anna), Raffaella Milanesi (Donna Elvira) e Federica Livi (Zerlina), Nicola Ziccardi (Leporello), Francesco Vultaggio (Masetto), Diego Godoy (Don Ottavio) e Paolo Pecchioli (Il Commendatore). Pezzoli si propone di evitare una lettura postfemminista e di rappresentare il Don Giovanni mozartiano «con una maggiore complessità, sospendendo il giudizio morale sulle malefatte dell’empio, alla ricerca del suo nucleo fondativo profondo». Venerdì e sabato alle 20:30, domenica alle 15:30.
Infine, una segnalazione fuori dai confini del nostro calendazzo. La compagnia Proxima Res e il regista Andrea Chiodi portano in scena al Teatro di Rifredi (Firenze) La locandiera di Goldoni. Leggiamo dalle note di regia «Una locandiera che agirà tutta intorno ad un grande tavolo, tavolo da gioco e tavolo da pranzo, così chiaro il che cosa avviene sopra e meno chiaro che cosa avviene sotto, una locandiera che è sicuramente la rappresentazione del Don Giovanni letterario ma al femminile, con i personaggi che appariranno e scompariranno tra una moltitudine di costumi del repertorio del teatro di Goldoni. Un gioco insomma che coinvolgerà i protagonisti nel mondo caro a Goldoni, dalle maschere che se ne vanno, ai costumi del repertorio fino alle sue amate poupettes dell’infanzia». La proposta ci piace particolarmente, se non altro per la presenza sul palco, assieme a Caterina Carpio, Mariangela Granelli, Emiliano Masala e Francesca Porrini, di Tinadaro Granata, che già su questi schermi abbiamo avuto modo di apprezzare (qui e qui). Da giovedì 23 a sabato 25 alle 21:00. Teneteci il posto.
Direi che può bastare.
A questo punto, sta a voi uscire di casa.