Una settimana che inizia tardi, coi primi due giorni scoperti: è febbraio, cuore pulsante delle stagioni invernali, eppure non sembrerebbe. L’impressione, latamente epidermica e non suffragata da un’oggettiva analisi numerica, è di un calo per quanto riguarda l’attività degli spazi teoricamente più stabili, istituzionali: con qualche giusta eccezione (pensiamo al polo pratese del Metastasio), la vita dei teatri cittadini ci pare ormai routinaria e, quel che è peggio, poco incline a (voler?) rinnovare davvero il pubblico di riferimento. Per contro, registriamo con un certo favore la presenza di spazi piccoli, militanti, che, con impegno e fatica, riescono a proporre cose interessanti, magari piccole, ma sensate. Non è poco: ed è da lì, forse, che conviene (ri)partire, andare a inventarsi spettatori, una sorta di presidio.
Va bene, fermiamo i pistolotti e, mirando al Calendazzo, esaminiamo quel che c’è in questi giorni.
Lucca e provincia – Operetta, monologhi e pallon(at)e
Si torna in scena a Pietrasanta: la sera di mercoledì 5, sul palcoscenico del Comunale, approda L’acqua cheta, storico titolo firmato da Augusto Novelli, l’unico grande autore del vernacolo fiorentino d’inizio Novecento che ha saputo entrare di diritto nel repertorio nazionale. Attenzione, però: quella allestita dalla Compagnia Corrado Abbati non è la celebre commedia che debuttò nel gennaio 1908 (appena un mese prima dall’altro grandissimo successo del drammaturgo gigliato, Gallina vecchia), bensì la messa in scena dell’operetta a essa inspirata, con musiche di Giuseppe Pietri, e che esordì sulle scene nel novembre 1920. Vecchio e nuovo fusi, per un esperimento tra musica e teatro che potrebbe rivelarsi interessante. Di più, però, non sappiamo (e non lamentatevi).
Doppia proposta per giovedì 6: in Versilia, alle Scuderie Granducali di Seravezza, un’occasione piuttosto interessante. La Molli, già dal titolo si può immaginare qualcosa di joyciano, e il sottotitolo (Divertimento alle spalle di Joyce) ce lo conferma: la (ri)scrittura è di Gabriele Vacis, che ha cucito addosso alla bravissima Arianna Scommegna un autentico divertissement “intorno” a quel capolavoro che è Ulysses e, soprattutto, alle sue pagine più celebri, quelle del monologo di Molly Bloom. «Le note dolenti si stemperano sempre nell’ironia e in una levità che tutto salva; il testo gioca sempre, costantemente, con il doppio registro denunciato fin dal sottotitolo, Divertimento alle spalle di Joyce. Frammenti di vita raccontati in modo ora scanzonato ora disperato, storie di carne e sangue, vita che scorre come lacrime, che si strozza in un grido o si scioglie in una risata». Di Scommegna ricordiamo la bella prestazione attoriale in Utoya, e quindi non dubitiamo affatto circa le potenziali qualità di questo nuovo lavoro. Andateci.
Nella stessa sera, torna la prosa ad Altopascio, dopo il Platonov visto dieci giorni or sono e di cui presto leggerete; a calcare i legni del Teatro Puccini arrivano Ettore Bassi e Simona Cavallari, protagonisti di Mi amavi ancora…, testo del francese Florian Zeller (firma alquanto à la page del teatro internazionale contemporaneo). Leggiamo: «Nel tentativo di mettere ordine ai documenti del drammaturgo Pierre da poco scomparso, la moglie Anne si imbatte nella bozza di una nuova commedia, che tratta di un uomo sposato, scrittore, appassionato e innamorato di una giovane attrice. Fiction o autobiografia? Il dubbio del tradimento si insinua in lei e nemmeno il brillante Daniel, migliore amico di Pierre, che forse la ama segretamente, riesce a rassicurarla». Non proprio la nostra tazzina di tè, ma la presenza nel cast di Giancarlo Ratti (per chi non lo sapesse: l’attorone da anni ospite della trasmissione radiofonica Il ruggito del coniglio, su RAI Radio 2) potrebbe convincerci a fare una pazzia.
Peraltro: lo spettacolo replicherà, venerdì 7, al Teatro Accademico di Bagni di Lucca.
Sabato 8, Teatro dei Rassicurati di Montecarlo: per mille e mille ragioni vi diciamo di correre a vedere Sogni di carbone, di e con Costanza Mascilli Migliorini, regia di Daniele Lamuraglia. Si tratta di un lavoro prodotto da Teatro del Legame, interessantissima formazione toscana guidata dal già citato Lamuraglia: abbiamo, in passato, visto solo un Riccardo III, nel maggio 2016, senza aver tempo di scriverne, ma abbiamo una grandissima stima per questo artista, anche per quello che dice intorno, e pure oltre, al teatro. Leggiamo dalla presentazione: «non è la storia, come tante altre, di una violenza subita da una donna, ma un testo di una grande potenza poetica che dal rogo dei sogni che segue al dolore fisico e psichico propone come via di resurrezione la conquista o riconquista della propria dignità, consapevolezza, autostima, che non è altro che amore per se stesse e stessi, di cui tutte e tutti si ha bisogno». Speriamo sinceramente che qualche arlecchino ce ne possa raccontare.
Chiudiamo la presente sezione con la classica tre-giorni della prosa al Giglio di Lucca: appuntamento di grande richiamo quello rappresentato da Tango del calcio di rigore, protagonista il celebre e apprezzato Neri Marcorè, e che nel cast conta pure l’apprezzabilissimo Ugo Dighero (recentemente è stato a Capannori, ma non abbiamo fatto in tempo ad andarlo a vedere). Si parla di calcio e di politica (il mondiale calcistico d’Argentina, nel 1978, detto anche della vergogna), temi tutt’altro che antipodici al teatro: la firma su testo e regia di Giorgio Gallione ci lascia già immaginare l’intonazione del lavoro che, comunque, proveremo a vedere e raccontare. Da venerdì (sera) a domenica (pomeriggio), con l’aggiunta in extremis di una pomeridiana extra per il sabato, alle 16.
Pisano – Alieni, corse, e un po’ d’amore
Per quanto riguarda il pisano cominciamo proprio da uno spazio piccolo che abbiamo da poco iniziato a frequentare, all’interno del quale abbiamo trovato e troveremo eventi da non trascurare: parliamo del Circolo Caracol, che questa settimana propone ben due spettacoli.
Giovedì è la volta di Blocco 3, di e con Fabrizio Brandi, affiancato nella stesura da Francesco Niccolini. Il titolo indica l’edificio livornese in cui cresce Mario Nesi, protagonista di questa storia, che attraverso il racconto della propria vita mostra spaccati della Livorno degli anni Ottanta. Qualche anno fa Carlo Titomanlio ce ne parlò entusiasticamente, dopo aver assistito proprio a una replica livornese, scrivendo che «lo spettacolo non è lontano dal suo meglio, dal suo punto d’arrivo: sessanta minuti o quasi di narrazione pura e semplice, e non per soli livornesi»; non ci dispiacerebbe assistere a questa nuova replica, per scoprire se l’auspicato punto di arrivo sia stato raggiunto.
Domenica va invece in scena Loro, di e con Maurizio Patella, che racconta del “caso Zanfretta”, rapimento alieno di un metronotte genovese negli anni settanta. «Il caso Zanfretta è un caso di rapimento alieno o abduction. Il progetto “Loro” prende spunto da quello che, per indizi e i clamorosi riscontri oggettivi, è da considerarsi – a tutti gli effetti – un fatto di cronaca. Sullo sfondo, l’Italia degli anni di piombo, il brigatismo, la lotta armata; un’Italia ingenua, e piena di speranze, poco prima di essere risucchiata dal disimpegno e dal consumismo». Un arlecchino vide lo spettacolo a Roma, ce ne parlò e ne rimase tanto colpito da inserirlo nella classifica dei migliori spettacoli visti nel 2016. Saremo (quasi) certamente a questa replica, e contiamo di riparlarvene.
Torniamo a venerdì 7: ci spostiamo al Teatrino dei Fondi di San Miniato con Piccola patria, di Lucia Franchi e Luca Ricci. «Ambientata nel nostro presente, in una cittadina di provincia non specificata, dove si sta per svolgere un referendum che decreterà l’eventuale autonomia dall’Italia, la vicenda si sviluppa su tre giorni: il giorno antecedente, il giorno stesso e quello successivo al voto». Lo spettacolo si ispira alla vicenda storica della Repubblica di Cospaia, piccolo lembo di terra tra Toscana e Umbria indipendente (quasi per sbaglio) dal 1440 al 1826. Franchi e Ricci considerano quanto la posizione rispetto a un problema politico metta in crisi l’altrimenti normale convivenza tra i tre protagonisti Caterina, Corrado e Lorenzo.
Lo stesso giorno al Teatro delle Sfide di Bientina arriva Toscanacci, divertente spettacolo sullo humour toscano con Paolo Hendel, Riccardo Goretti e Andrea Kaemmerle. Lo spettacolo è passato da Capannori poco più di un mese fa, ma non abbiamo avuto l’occasione di parlarvene, chissà che non lo faremo presto.
Sia venerdì che sabato, alla Città del Teatro di Cascina potremo assistere a Arsenico e vecchi merletti, opera del drammaturgo statuniteste del secolo scorso Joseph Kesselring per la regia di Geppy Gleijeses, di cui vi trascriviamo alcune parole: «La catalogazione impossibile dell’opera oscilla per me tra Dark Comedy e Giallo-Rosa. Il suo autore, Kesselring, ci ha regalato quest’unica perla, ma veramente preziosa. Pura gioia e divertimento: in Arsenico i 24 cadaveri che giostrano non hanno alcuna disturbante materialità. Sono puro cartone come i finti polli arrosto delle comiche finali. E così i nostri personaggi, tutti, sono caratteri, sì, ma non hanno psicologie da approfondire, sono “stampelle vestite” o, se preferite, “vestiti che ballano”. E devono essere recitati attraverso un metodo “straniamento comico”». Le due protagoniste, le ziette che “aiutano a morire” gli inquilini a cui affittano le camere, sono Annamaria Guarnieri e Giulia Lazzarini, attrici italiane di notevole talento. Ci facciamo un pensierino.
Continuiamo con altri due appuntamenti per sabato 8.
Al Teatro Nuovo di Pisa, Edoardo Siravo porta Fra…intendimenti d’amore, promettendo di parlare d’amore citando autori significativi dall’antichità fino ai giorni nostri:«poesia e drammaturgia dai tempi di Saffo e Catullo fino ai nostri giorni. Eros e Thanatos, peccati e virtù raccontati attraverso la poetica di alcuni grandi della storia: da Dante a Shakespeare, passando per Wilde e Leopardi fino ad arrivare a Flaiano, Gozzano, Trilussa, Prévèrt e ai contemporanei Woody Allen e Stefano Benni». Un monologo che, insomma, pone grandi aspettative: speriamo sappia soddisfarle.
Al Teatro Verdi di Casciana Terme abbiamo Maratona di New York, interessante piéce di Edoardo Erba. Il testo, originariamente pensato per due attori maschi, viene adattato al femminile: sfida indubbiamente impegnativa per Fiona May (ex campionessa mondiale di salto in lungo, ed esordiente attrice di teatro) e Luisa Cattaneo, che si impegnano a correre per l’intera durata dello spettacolo: «una corsa dell’esistenza che, tra ostacoli, fatica, sudore, ricordi, memoria, tempo e spazio sospesi, celebra sentimenti autentici e suggella la storia di un’amicizia sincera e fraterna».
E ancora: al Teatro Era, dove sabato e domenica sarà in scena Mine vaganti di Ferzan Ozpetek, regista turco naturalizzato italiano, che trasforma il suo omonimo film del 2010 in uno spettacolo. Nel cast risaltano i nomi di Francesco Pannofino e Paola Minaccioni, che interpretano i genitori del giovane Tommaso (alias Arturo Muselli), incapaci di affrontare l’omosessualità del figlio. «Il testo racconta della difficoltà di dire la propria diversità, nel quadro di una ‘famiglia’ anticonvenzionale». Non ci sbilanciamo troppo, si tratta di una nuova produzione e ancora non ne sappiamo molto.
Chiudiamo, infine, con la domenica sera del Teatro Rossini di Casciana Alta: arriva, infatti, Stefano Santomauro, di recente ospite a Bientina, con lo spettacolo Like, presentato giustappunto alle Sfide circa un annetto fa. «Comunicare è diventato più semplice, più veloce, più efficace. La tecnologia ci ha cambiato la vita, in alcuni casi l’ha proprio stravolta. Cosa ha voluto in cambio per tanto benessere? Tutto. Le nevrosi del nuovo millennio? Sentire squillare il cellulare anche quando non squilla, entrare nel panico se non si ha connessione di rete, svegliarsi nel mezzo della notte per controllare se sono arrivate notifiche». Questi i temi rielaborati dall’attore, coadiuvato anche in questo caso dal già citato Francesco Niccolini. Insomma, un’occasione per ridere e riflettere.
Oltreconfine − Allucinazioni, grandi attori e roncolate
Anche al di fuori delle nostre province d’elezione la settimana inizia con un po’ di ritardo rispetto al consueto. Da giovedì a domenica il Metastasio di Prato propone La tempesta, l’adattamento di Luca De Fusco dalla celebre opera scespiriana. La produzione ha debuttato nel giugno scorso allo Stabile di Napoli, di cui il celebre regista è direttore (recentemente al centro di forti contestazioni). Nel nutritissimo cast di attori spicca Eros Pagni nel ruolo di Prospero, «un mago chiuso nel suo luogo di studio e riflessione che si trasfigura con giochi di allucinazioni creando un’isola che non c’è». L’idea della Tempesta come fantasia mentale non è esattamente inedita, ma può portare a risultati molto convincenti, come per la memorabile Miranda di Oskaras Korsunovas passata in zona nel 2013. C’è di che essere curiosi.
Occasione di sicuro richiamo quella proposta nel fine settimana dal Teatro Manzoni di Pistoia. Da venerdì a domenica troverete Il costruttore Solness di Ibsen: non ce ne vorranno gli altri attori in scena, né il regista Alessandro Serra, ma il nome che spicca in locandina è quello dell’irriducibile Umberto Orsini. L’attore romano, con una saggezza e una generosità fuori dal comune, produce uno spettacolo di cui è protagonista, ma affidando la regia a qualcun altro: una dote non da poco, se si pensa ad altri attoroni più o meno coetanei che vogliono fare tutto. L’apporto dell’attore romano, quindi, va al di là della sua interpretazione e garantisce la qualità dello spettacolo in senso più ampio, come è stato per le ultime produzioni in cui lo abbiamo visto protagonista (l’Arturo Ui di Longhi, su tutti). Andate.
L’ultima segnalazione, con un po’ di pudore, ci porta al Teatro della Brigata di Livorno dove domenica 9 andrà in scena Io, Pierre Rivière, avendo sgozzato mia madre, mia sorella e mio fratello, creazione scenica che Daniele Bernardi ha tratto dall’opera di Michel Focault su un interessante caso di cronaca avvenuto in Normandia nel 1835. Il pudore deriva non solo dall’amicizia con il teatrante svizzero di chi vi scrive, ma anche dal coinvolgimento in scena (per la parte musicale) dell’arlecchino Igor Vazzaz: si dichiara l’utilizzo privato di un mezzo (quasi) pubblico, ma ricordiamo che un altro arlecchino ha recensito lo spettacolo senza fare sconti. Non potendoci sbilanciare ulteriormente nel consigliarvelo, ci fermiamo qua.
Su, presto, il teatro vi aspetta.