Si riparte. L’estate che va esaurendosi non è stata una grande stagione per l’Arlecchino: a riprova che complimenti e pacche sulle scapole, per quanto sinceri e assestati con delicata stima, possono corroborare, ma non emendano dal dovere di pedalare. Ci siamo un po’ sollevati dalla pedivella, invece, a prender aria, e così siamo rimasti un po’ troppo, ma tant’è. Tempo è ora di riprender l’arlecchinaggio, ché la stagione a venire s’annuncia densa e articolata, tra incertezze d’ogni tipo e vecchie magagne che gli annunci di amministratori, dirigenti e politici non hanno mai risolto: figuriamoci i provvedimenti intrapresi ad mentulam. Eppure lo strabismo del sistema è tanto evidente da parer sotto gli occhi di tutti: i teatri che, impegnati nella promozione, gareggiano nel pavoneggiare i risultati più incoraggianti (numero di spettatori, di abbonamenti, di aperture collaterali), i festival che sottolineano la propria vocazione a resistere, gli attori e le maestranze che giocano, loro malgrado!, al ribasso in un sistema tritatutto dove chi ci rimette è sempre l’ultimo anello della catena, ossia chi lavora. E pure lo spettatore, appassionato o meno, che spesso acquista (ossia paga) il frutto d’un equivoco, ché un allestimento, uno studio o una prova aperta dovrebbero essere cose ben distinte e, troppo spesso, non lo sono. Ma quasi nessuno ha il coraggio di parlare di crisi, e profonda.
Ciancio alle bande, però, siamo arlecchini e vogliam dilettarci: l’occhio al multiforme Calendazzo offre non troppo, ma buono, in questa umida settegiorni settembrina e per questo ci siam permessi il dilungamento di cui sopra.
Ecco tosto le segnalazioni.
Mercoledì 14 − Die Panne al Teatro Rossi Aperto (Pisa)
Riapre i battenti, per così dire, il Teatro Rossi Aperto, spazio singolare, importante del nostro territorio, che sta per celebrare il quarto compleanno (auguri: qui un’intervista fatta un anno fa ad alcuni dei responsabili della gestione). In attesa dell’evento celebrativo, cui corrisponderà un ineluttabile momento di riflessione aperta, segnaliamo che, venerdì (ore 19) e sabato (ore 21.30), Valentina Bischi porterà in scena il suo La panne, da Die Panne dramma di Friedrich Dürrenmatt di cui ci ha parlato tempo fa l’arlecchina Solinas, riferendo di “una suggestione che permea l’aria rendendola densa e che impedisce agli astanti, una volta agganciati, qualsiasi distrazione. All’altro lato della stanza, una Sardella al limite dell’autistico esegue una muta controscena dai gesti sporadici e minuziosi, a renderci testimoni di un altrove irrazionale e ossessivo”. Non escludiamo ulteriori presenze arlecchine e vi rimandiamo a leggere, se volete, il resto della bella recensione.
Sabato e domenica − A Vorno (LU), “Assemblaggi provvisori”, il gender in un convegno e una performance
Sul finire della settimana, doppio appuntamento a Vorno, presso la bella Tenuta dello Scompiglio: l’ambizioso progetto di Assemblaggi Provvisori, aperto a tutte le discipline performative, con tema la riflessione sul genere, prevede, nei giorni di sabato e domenica, l’incontro dal titolo Il genere nelle arti: performance, teatro, cinema, musica, curato da Luca Greco (Université Sorbonne Nouvelle – Paris III) e al quale parteciperanno Marco Pustianaz (Università del Piemonte Orientale, interessante il titolo del suo intervento: Le sentinelle in piedi: una performance), Catherine Deutsch (Université Sorbonne Paris Cité), Giovanna Zapperi (ENSAB – École Nationale Superiore d’Art, Bourges), Manuel Billi (ricercatore indipendente e cineasta), sino alla tavola rotonda di domenica mattina, moderata dal direttore artistico del Festival Gender Bender di Bologna, Daniele Del Pozzo.
Nel pomeriggio di domenica, invece, alle 16 e alle 18, doppia replica (in prima nazionale) per Ginkgo, “viaggio alla disperata ricerca della propria identità sessuale, di genere e più in generale nel mondo (…) che trova in una pianta, il Ginkgo Biloba, un insolito compagno di viaggio con cui dialogare e confrontarsi alla ricerca di un qualche intimo equilibrio”: il progetto è di Giulia Quadrelli, regia assieme a Mario Scandale, entrambi in scena assieme a Luisa Borini, Ulisse Romanò, Alice Ruggero e Luca Tanganelli. Non escludiamo sbirciate arlecchine.
Venerdì − Torna Testa di rame a Livorno (Teatro della Brigata)
Del Teatro della Brigata, spazio livornese coraggiosamente aperto da Andrea Gambuzza e Ilaria Di Luca abbiamo parlato tempo addietro (i due, peraltro, devono all’Arlecchino un questionazzo): adesso ne salutiamo con piacere l’apertura vera e propria all’attività di programmazione spettacolare, sapendo quanto Livorno sia potenzialmente importante per il teatro toscano e non solo, nonché quanto, sotto il profilo delle sale, la città tirrenica attraversi ciclicamente periodi critici. Segnaliamo volentieri, dunque, il ritorno in scena di Testa di rame, spettacolo “a due” su testo dello stesso Gambuzza e di Gabriele Benucci, che vedemmo qualche anno fa (correva il 2012) a Buti, scrivendone piuttosto bene (ecco la recensione in tempi prearlecchini). Visione consigliatissima, con la speranza che un arlecchino capiti in quei paraggi.
Come “prima settimana”, possiamo chiuderla qui, prendendoci ancora qualche riga e chiosare sulla crisi, che non riguarda solo gli attori e le maestranze più o meno in scena, ma pure operatori collaterali (animatori, maschere e così via) spesso contrattualizzati, non di rado da realtà pubbliche, con forme aleatorie e che, svolto regolarmente il proprio lavoro, finiscono per essere, se va bene, pagati in abissale ritardo o, addirittura, restare senza retribuzione. Le voci che ci giungono dalla Versiliana (estate gramissima da quelle parti: non fidatevi delle autocelebrazioni) sono tanto allarmanti (varie persone in attesa di stipendio che, dopo settimane di telefonate e domande, si sentono rispondere che i soldi non ci sono, pur avendo lavorato) quanto l’ennesima, trita e triste conferma di quale razza di paese ci troviamo ad abitare.
Ma va tutto bene, state pure tranquilli e non provate a disturbare il conducente.